Facilitatori di dialogo, artefici di conversione

In cammino. © Foto di Gianni Zotta

“Non significa moltiplicare gratificanti assemblee in cui tutti i rappresentanti hanno i loro cinque minuti di devota partecipazione (o di personale rivendicazione)”.
Si coglie nelle parole di Sequeri molta implicita autocritica sul passato, mentre per il futuro c’è consapevolezza di quanto siano reali i tre rischi già evidenziati dallo stesso papa Francesco: il formalismo di facciata, l’intellettualismo elitario ed escludente, l’immobilismo del si è sempre fatto così. Ma forse è anche poco fruttuoso indugiare su che cosa non vuole essere il percorso sinodale.

Lo sforzo di rispondere in positivo è stato perseguito con efficacia dai laici e dai preti del Consiglio Pastorale Diocesano che sabato hanno contribuito a mettere a fuoco alcuni aspetti che l’Arcivescovo ha esposto con riconoscenza dal pulpito del Duomo: “Sogno per il nostro cammino sinodale un “cuore a cuore” con Gesù e la Sua Parola dove ritrovare speranza e gioia di vivere”. Ecco la radice ma anche la linfa di quest’esperienza di Chiesa che può diventare per ciascuno di noi “un processo di guarigione condotto dallo Spirito Santo”, come dice il Papa.

Sarebbe peraltro un obiettivo egoistico se questa guarigione riguardasse soltanto una minoranza che rischia, in quanto tale, di perdersi nell’autoreferenzialità più antievangelica.
L’apertura missionaria del cammino sinodale – e lo scriviamo alla vigilia della Giornata mondiale – sta anche nell’intuizione folgorante con cui l’Arcivescovo ha scelto i due strumenti da mettere in mano ai trentini “di buona volontà” nei prossimi mesi: Laudato Sì e Fratelli tutti. Sono i due testi forse più noti di papa Francesco (anche se la sintesi del suo magistero era già anticipata in Evangelii Gaudium) e rappresentano degli apprezzati “facilitarori” di quell’ascolto sincero ed inclusivo che le comunità cristiane – oggi non più in un clima di cristianità, per dirla ancora con Francesco – possono offrire agli uomini del nostro tempo. Sono scritti come due lettere dallo stile comprensibile a tutti, adatte anche a quel confronto “cuore a cuore” in cui ognuno di noi può coinvolgere un gruppo, una famiglia, un rione.

Utopia? Pia illusione in un tempo in cui dentro la comunità cristiana le contrapposizioni sulla “questione vaccinale” sembrano alimentare rancori reciproci (speriamo per poco ancora) invece di dialogo tollerante?
Sarebbe una mancanza di fiducia arrendersi in partenza. E se perdendo quest’occasione sinodale perdessimo la possibilità di sperimentare uno stile nuovo di Chiesa, davvero in uscita, che abbandona i recinti e le agende tradizionali per avvicinare senza superiorità i fratelli della porta accanto? Ci fanno ben sperare le risposte che leggerete in questo numero, ma anche tanti altri momenti di dialogo – talvolta poco valorizzati – che aiutano a costruire “una comunità legata dalla fraternità”, come dice don Lauro indicando un altro atteggiamento a disposizione di tutti – “l’intelligenza affettiva” – preso in prestito da Carlo Petrini nel suo dialogo con lo stesso papa Francesco.

All’uscita dal Consiglio Pastorale Diocesano alcuni consiglieri, anche i più avanti negli anni, sembravano condividere questa nuova chance: “E se in fondo – diceva qualcuno – questo percorso sinodale non fosse anche e soprattutto un cammino di conversione per ciascuno di noi e per le nostre comunità?”.
“Se ci tiriamo indietro – concludeva Sequeri – però, non saremo solo indisciplinati: contristeremo lo Spirito. Se ci avventuriamo generosamente, invece, ritroveremo l’autentica letizia del Vangelo (che pure ci manca da un po’, se guardiamo al tasso di isteria ecclesiastica diffuso). In un momento come questo, non vorremo limitarci a una spuntatina della siepe del nostro giardino, solo per fare contento il capo, vero?”.

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