La felicità di piacere a Dio

«Beati i poveri in spirito». (Mt 5,3)

Domenica 29 gennaio 2023 – IV domenica TO – Anno A

Sof 2,3; 3,12-13; 1Cor 1,26-31; Mt 5,1-12a

Le tre letture di questa domenica sono collegate tra loro dal radicale anticonformismo che le caratterizza. È il tipico anticonformismo della profezia che invita a un capovolgimento di mentalità. La cosa interessante è che ciò che era anticonformismo profetico ai tempi di Sofonia, lo era anche ai tempi di Gesù, lo era ai tempi di san Francesco e lo è ancora oggi.

Il profeta Sofonia (VII sec. a.C.) parlava a un popolo piegato ed umiliato, continuamente minacciato dalle superpotenze di allora (Egitto e Assiria-Babilonia). Un “resto” avrebbe imparato da questa situazione di umiliazione quel che non aveva saputo imparare nel tempo della prosperità: a cercare la giustizia, cioè a cercare di fidarsi di Dio, prendendo sul serio l’alleanza con Lui, anziché fidarsi di alleanze con superpotenze umane. Avrebbe imparato ad amare la verità, la sincerità, a cercare il Signore. Per il popolo d’Israele questa umiliazione avrebbe avuto un carattere pedagogico. Non sarebbe stata certo una situazione felice, ma la premessa per una comprensione della felicità, della beatitudine autentica: la felicità di piacere a Dio.

È nell’insegnamento di Gesù che l’umiltà-povertà viene dichiarata in modo esplicito una situazione felice. Su ciò va spesa qualche parola. Quello delle beatitudini è un genere letterario già conosciuto nell’Antico Testamento, è una forma di augurio o di felicitazione legata all’intervento di Dio in determinate situazioni. Le categorie di persone dichiarate beate da Gesù non sono felici per il fatto di trovarsi in situazione di povertà, di afflizione ecc. ma sono felici perché in questa loro situazione possono sperimentare una particolare vicinanza di Dio e il suo intervento. Potremmo dire che l’accento non cade sulle situazioni di povertà in quanto tali, ma sul fatto che Dio, in presenza di queste situazioni, interviene e interviene facendosi vicino.

Per capire la logica sottostante a questa felicità paradossale, vale la pena leggere la seconda lettura. Paolo ricorda ai Corinzi la loro situazione di partenza: “non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili” (1Cor 1,26). Perché mai allora Dio ha voluto che il suo vangelo giungesse ai Corinti e si diffondesse così meravigliosamente tra di loro? Perché “quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio” (1Cor 1,27-29).

Alla luce di queste letture dobbiamo forse chiederci che cosa Dio ci sta insegnando, anche come Chiesa, in questo tempo in cui veniamo umiliati a causa del nostro allontanamento dal Vangelo? Ci sta forse educando a tornare a cercare la giustizia e l’umiltà, la povertà e la mitezza, la capacità di subire la persecuzione rimanendo in pace? Ci sta forse educando a cercare la felicità di piacere a Lui e solo a Lui, senza preoccuparci di piacere al mondo?

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