Come corre il Trento. Ora a Trieste per scacciare l’incubo retrocessione. E poi…

Filippo Damian, match winner della partita di domenica scorsa contro il Mantova. Foto Carmelo Ossanna

Dodici punti su dodici al ritorno, cinque risultati utili consecutivi, più otto sull’ultimo posto, più uno sulla zona playout, meno quattro dai playoff. È vero, il calcio, alla fine, è questione di numeri. E basterebbero questi a fotografare il momento d’oro del Trento che da un mese ha cambiato marcia, svoltando una stagione fino a quel momento avarissima di emozioni.

Ma il calcio è anche cuore, polmoni, muscoli e testa. Tanta testa. Il calcio è strano, basta poco per svoltare una partita. Una stagione, forse. La prodezza di Pasquato, nei secondi finali di Trento – Juventus NG, lo scorso 23 dicembre al Briamasco, ha rimesso il Trento in pista.

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Non una pacca sulle spalle, la classica vittoria casuale. Ma la svolta, la scintilla. La squadra ha fatto quadrato attorno a mister Tedino, fino a quel momento, a quel gol, appeso a un filo ma, saggiamente, lasciato al timone. Mettiamoci poi il gran bel lavoro di Zamuner che, in entrata come in uscita, non ha sbagliato un colpo.

La partita contro il Mantova è l’emblema di una crescita collettiva che stuzzica l’appetito dei tifosi: la grinta e la cattiveria con cui i gialloblù hanno trovato il gol del vantaggio e poi lo hanno difeso (tutta la ripresa giocata controvento, e che vento!), raccontano di una squadra che sa divertire ma anche soffrire. Ora, la testa è a Trieste: una vittoria domenica al Nereo Rocco, scaccerebbe, forse definitivamente, l’incubo della retrocessione.

Il resto, invece, in via Sanseverino, ancora non si può nominare. Ma un pensiero, probabilmente, ce lo stanno già facendo.

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