Case per chi lavora, le imprese premono

Panoramica della val di Fiemme. Foto G. Bonani

lo spunto

Una delle principali problematiche delle imprese è il reperimento delle risorse umane dedicate al lavoro. Sono i lavoratori una delle parti difficili da attirare da fuori provincia. Il problema casa non va sottovalutato. Immaginare che un hotel dismesso, che non impreziosisce il territorio, venga ristrutturato e convertito in foresteria non è un problema insormontabile. Come imprese andremo a chiedere di trasformare queste strutture in miniappartamenti per i lavoratori, realizzando anche a nostre spese i lavori. In val di Fiemme e nelle Giudicarie diverse nostre associate si sono mosse in questa direzione. Hanno già le risorse, arriverà il momento di affrontare il tema con l’assessore Gottardi. Dobbiamo riuscire ad attrarre i lavoratori anche accogliendo le loro famiglie. Il problema maggiore delle imprese trentine è quello di stabilità delle risorse: dobbiamo trovare strategie per far in modo che chi arriva rimanga. Il problema casa non va sottovalutato. Anche perché è principalmente un problema di carte, di burocrazia negativa.

Fausto Manzana
(Presidente Confindustria Trento, intervista a “il T”, 11 gennaio 2024)

L’anno da poco iniziato sarà decisivo per il Trentino nelle scelte strategiche a sostegno della sua struttura di sviluppo e di autonomia: in primo luogo restare padroni in casa propria per quanto riguarda l’Autobrennero e le derivazioni idroelettriche, il vero “oro bianco” della Provincia, posto che la vera forza di una autonomia non sta nelle leggi che la sanciscono, ma nei presidi territoriali e umani che la sostengono.

La casa poi risulta centrale perché sostiene la presenza dei lavoratori e delle loro famiglie, garantisce continuità, consente di crescere i figli e di aiutarsi l’un l’altro negli inevitabili momenti di difficoltà. La casa toglie chi lavora dalla precarietà, anche psicologica, oltre che materiale. Crea affezione, senso di appartenenza. Non è del resto una cosa nuova. Nei periodi passati, di grande sviluppo nel lavoro, numerosi quartieri sono nati per fornire alloggio agli operai, come numerose case rurali che oggi formano il cuore dei paesi di montagna sono sorte per ospitare i contadini e le loro famiglie quando si trasferivano da una valle più povera a un territorio che garantiva più opportunità di lavoro e di vita. Ma anche a livello urbano gli esempi “virtuosi” in tal senso non mancano.

Le casette che formano il quartiere di Piedicastello sotto la rupe di Sardagna sorsero per dare alloggio agli operai dell’Italcementi, e così le case nei pressi dell’Adige, al servizio degli opifici che via via si insediavano a Trento Nord. L’esempio di maggior impatto e civiltà insediativa riguarda però la vicina Bolzano dove, con le “semirurali”, ogni alloggio venne dotato di un piccolo appezzamento verde per consentire a chi lo abitava la cura dell’orto o di un albero da frutto: una disponibilità che anche oggi, in anni di inflazione, consentirebbe alle famiglie notevoli risparmi.

Ancora più necessari si rivelano gli alloggi per le famiglie di chi lavora nei paesi e nelle valli che si trovano a pagare i pedaggi della “monocultura “ di un’economia turistica, tale da rendere non solo proibitivi i costi di affitto nelle “alte stagioni” ma da spingere molti giovani residenti, preparati e istruiti, a cercare altrove (all’estero per lo più) situazioni in grado di corrispondere alle loro aspettative e curiosità di vita, in grado di offrire non solo “servizi” ma ruoli di responsabilità anche dirigenziale da assolvere, in grado di spingere una famiglia a crescere in una vita di continuità, a radicarsi sul territorio. Non basta infatti un “bonus” per incentivare le nascite se poi la casa in cui una donna abita e fa crescere i suoi affetti si trova a fare i conti con lo spettro costante di un possibile sfratto.

In questo senso il problema “casa” va visto come centrale rispetto a tutta una revisione da operarsi nei rapporti fra società e lavoro, perché una famiglia possa radicarsi sul territorio, “rimanere” e crescere. E questo tenendo anche conto dei perversi effetti che sull’economia delle singole famiglie esercitano direttamente le guerre (l’Ucraina che non esporta più il grano per il pane, il mercato delle mele messo in crisi dal terrorismo e dalla pirateria nel Mar Rosso che blocca le esportazioni verso i paesi arabi e il sud del mondo… il senso di precarietà che la diffusa violenza suscita frenando non solo le occasioni di mobilità, ma diffondendo un senso di insicurezza attorno ai luoghi e alle occasioni di vita. Si presenta inoltre urgente la necessità di una revisione nei rapporti fra commercio recapitato a domicilio (sempre più diffuso) e strutture commerciali fisse, che vedono annullata la funzione di mercato (e quindi di incontro e di attrattiva) dei centri urbani, dai maggiori ai più piccoli. Né bastano i “servizi”, su cui le valli trentine possono già contare, se manca il contesto umano che li completa e li rende vivi di interscambi e relazioni. Lo stesso commercio non può basarsi solo sulla “tipicità” e sull’indotto turistico.

Sono temi attualissimi e urgenti sui quali è intervenuto in una recente intervista al nuovo quotidiano “il T” Fausto Manzana, presidente di Confindustria, ammonendo che i problemi riguardano tutto il Trentino e tutti i trentini, non solo questa o quella categoria. Ma evidentemente, oltre alla politica, soprattutto le categorie sono sollecitate a intervenire e ad agire. Certo, occorre una chiara e forte presa di posizione politica verso Roma e Bruxelles, ma anche una consapevolezza da parte dei Comuni, delle categorie, delle associazioni. Ci sono gli alberghi dismessi da trasformare in alloggi, sottraendoli ai gruppi speculativi che spesso se ne contendono l’acquisto, o a chi ha a disposizione denaro da riciclare senza andare troppo per il sottile, ma ci sono anche molte canoniche vuote e molti edifici scolastici declassati che potrebbero essere destinati ad altri usi.

Ecco perché questi problemi (case, lavoro, famiglie, pace…) riguardano tutti. Mancano anche case di riposo per gli anziani e gli stipendi del personale infermieristico, come più volte è stato anche scritto e argomentato, risultano troppo bassi. Sono sfide che hanno tutte per snodo il lavoro. Vanno affrontate insieme.

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