Potati per portare più frutto

Illustrazione di Fabio Vettori

28 aprile 2024 – V Domenica di Pasqua B

At 9,26-31; 1Gv 3,18-24; Gv 15,1-8

«Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me». Gv 15,4

Il tempo della potatura, nei vigneti, è ormai passato. Ora i filari sono verde smeraldo e tra non molti mesi sapremo se la qualità e la quantità del raccolto corrispondono alle fatiche spese nel lavorare la terra. Il vangelo di questa domenica ci presenta l’immagine del vignaiolo all’atto della potatura, per aiutarci a comprendere che le difficoltà e le sofferenze che sperimentiamo nella nostra vita servono a farci crescere.

Le «potature» di Dio avvengono in molti modi. Il primo, è dato dalle situazioni concrete che esperimentiamo. Ne è un esempio emblematico la vicenda di Paolo, narrata negli Atti degli Apostoli. L’ex-persecutore di cristiani, dopo la conversione a Gesù Cristo, tenta di unirsi agli altri discepoli. Ma non ci riesce, perché questi diffidano, credono poco alla sua improvvisa conversione. D’altro canto, Paolo si trova ad essere perseguitato anche da parte del mondo giudaico, che lo considera un traditore. Paolo sperimenta sulla propria pelle quanto sia dolorosa la potatura che Dio sta operando su di lui perché per suo mezzo il Vangelo fruttifichi in terra pagana.

Un altro genere di potatura Dio la opera per mezzo della sua parola. Ce ne parla la seconda lettura, con il richiamo a vivere i comandamenti, ce ne parla il vangelo quando afferma che è proprio la Parola a fare una potatura «purificatrice»: «Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato» (Gv 15,3). Nel testo originale il collegamento tra potatura e purificazione è ancora più forte perché il verbo potare e il verbo purificare nel greco biblico sono lo stesso verbo.

Infine, il vangelo ci dà la motivazione di questa potatura che Dio opera: «Ogni tralcio che in me non porta frutto, (il Padre) lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto» (Gv 15,2). Le potature che Dio opera su di noi servono proprio a migliorare la nostra capacità di portare frutto in Cristo. L’hanno esperimentato Paolo, Giovanni e tutti quei cristiani che, nel corso dei secoli sono passati attraverso la difficoltà, la sofferenza, la persecuzione. Non basta però «essere potati» da Dio, occorre «rimanere» in Gesù Cristo: «Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me» (Gv 15,4). È solo in comunione con Gesù Cristo che riusciamo a vivere le potature della vita come un momento di crescita.

Cari fratelli e sorelle, dove conduce questo rimanere nell’amore del Signore? Dove ci conduce?” Si chiedeva papa Francesco nel “Regina coeli” del 9 maggio 2021. E la sua risposta era: “Ce lo ha detto Gesù: «Perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (v. 11). E la gioia che il Signore possiede, perché è in totale comunione col Padre, vuole che sia anche in noi in quanto uniti a Lui. La gioia di saperci amati da Dio nonostante le nostre infedeltà ci fa affrontare con fede le prove della vita, ci fa attraversare le crisi per uscirne migliori. È nel vivere questa gioia che consiste il nostro essere veri testimoni, perché la gioia è il segno distintivo del vero cristiano”.

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