Sul palco di Sanremo l’israeliana Noa e l’arabo-israeliana Mira Awad, per immaginare un mondo diverso

L’artista arabo-israeliana Mira Awad a Trento nell’ottobre 2015. (c) Gianni Zotta

La cantante israeliana Noa e l’artista arabo-israeliana Mira Awad apriranno martedì 11 febbraio la prima serata del Festival di Sanremo 2025 sulle note di “Imagine” di John Lennon. Insieme, come insieme si erano esibite nell’edizione 2009 dell’Eurovision Song Contest.

Noa è alla sua terza partecipazione al Festival: la prima nel 1995, come ospite internazionale, e la seconda nel 2006, acclamata con il Premio della critica.

Mira Awad, cantante, cantautrice e attrice palestinese israeliana (è nata in un villaggio arabo nel nord di Israele) è nota anche e soprattutto per l’impegno politico per la causa dei cittadini arabi dello Stato di Israele e per la convivenza pacifica tra i popoli. Da Londra, dove vive, sta lanciando “Artivista”, una residenza pensata per riunire artisti provenienti da entrambe le parti del conflitto israelo-palestinese, per promuovere la comprensione reciproca e la creazione collaborativa.

Al pubblico trentino Mira Awad è nota per la sua partecipazione al Festival Religion Today, nell’ottobre di dieci anni fa.  Esattamente il 9 ottobre 2015 con il suo spettacolo al teatro San Marco di Trento, al termine della proiezione della pellicola “East Jerusalem/West Jerusalem”, di cui è co-protagonista insieme ad altri artisti arabi e israeliani, inaugurò la 18esima edizione del Festival internazionale di cinema, religioni e società.

Mira Awad, artista e attivista per la pace, una vita sul filo

Nel suo soggiorno trentino incontrando gli studenti a Trento e a Rovereto aveva parlato della necessità del dialogo e della speranza e raccontato della sua vita vissuta come un acrobata (è anche il titolo del suo primo brano da solista, scritto e composto da lei) e la sua realtà di donna palestinese, rilanciando il suo impegno di attivista per la pace.

Restano attuali le parole con le quali concludeva la sua intervista a Vita Trentina: “La mia carriera si basa sulla voce, e ‘voce’ significa non solo il canto, ma anche far risuonare i problemi, far sentire la protesta, raccontare la tua storia: dare voce a chi non ha voce”. E concludeva, pensando alle tante persone e popoli che nel mondo non hanno voce: “Dobbiamo mettere il microfono molto vicino per poter sentire il loro grido. Dobbiamo continuare ad ascoltarli e non dimenticarci di loro. In ogni momento ci sono persone in difficoltà nel mondo e anche noi ne siamo responsabili”.

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