Capece (Sappe) visiterà la casa circondariale di Trento martedì

“Trento è un carcere che, lo scorso 28 febbraio, ospitava 362 detenuti: 44 le donne e 207 gli stranieri, in un contesto regionale che vede detenute complessivamente quasi 500 persone”. Lo evidenzia il segretario generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria Donato Capece, che martedì 18 marzo alle 10.30 visiterà il carcere di Trento e successivamente incontrerà i giornalisti.

“La mia, nostra, presenza vuole essere soprattutto una testimonianza e un segnale di solidarietà e di vicinanza alle poliziotte ed ai colleghi in servizio a Trento che operano con umanità e grande professionalità. Altro obiettivo è rilanciare la denuncia per i problemi legati al sovraffollamento e alla mancanza di risorse per far funzionare meglio gli istituti penitenziari”.

Per Capece, “sarebbe fondamentale, per dare dignità alla detenzione, che i detenuti lavorassero, tutti, così da non stare tutto il giorno nell’apatia e senza fare nulla. Il dato oggettivo è che il budget largamente insufficiente assegnato per la remunerazione dei detenuti lavoranti ha condizionato e condiziona in modo particolare le attività lavorative necessarie per la gestione quotidiana di ogni istituto penitenziario (servizi di pulizia, cucina, manutenzione ordinaria del fabbricato) incidendo negativamente sulla qualità della vita all’interno dei penitenziari. Mi sembra evidente che se i detenuti fossero impegnati nel lavoro, nello studio ed in altre attività difficilmente ci sarebbero così tanti eventi critici in carcere”.

“L’integrità psicofisica dei poliziotti penitenziari impiegati nelle carceri del Trentino-Alto Adige in particolare, è stata messa a dura prova specialmente nei mesi di giugno, luglio ed agosto di quest’anno, con numerose aggressioni subite anche negli ultimi 5 mesi”, aggiunge Capece, chiedendo che “i detenuti violenti vengano ristretti in appositi istituti, dove dovrebbero scontare la pena al regime chiuso, con applicazione delle misure restrittive di cui all’articolo 14 bis dell’ordinamento penitenziario” e domandando “la dotazione del taser, o di altro strumento simile, affinché gli agenti possano difendersi ed evitare che la violenza dei detenuti venga portata a conseguenze estreme”.

vitaTrentina

Got Something To Say?

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Il periodo di verifica reCAPTCHA è scaduto. Ricaricare la pagina.

vitaTrentina