Papa Francesco: il riposo nella casa della Madre

Don Giulio Viviani mostra a Papa Francesco il volume “Le opere di misericordia corporale e spirituale” di cui è autore

Nel mio cuore e soprattutto nel cuore della Chiesa in questa Ottava di Pasqua del 2025 si rinnova l’evento di vent’anni fa, giorni di grande valore ecclesiale e spirituale per tutti. Anche allora il Papa, in quel caso San Giovanni Paolo II, moriva durante l’Ottava di Pasqua.

Così Francesco scompare nella notte pasquale, nei giorni in cui i cristiani celebrano e vivono la Pasqua di Cristo e guardano al Cristo che ha vinto per tutti il male e la morte. Così ieri e così oggi.

Anche questo è un messaggio chiaro e forte che ci viene da questi due Pontefici che hanno speso la loro vita fino in fondo, stando in mezzo alla gente fino a che han potuto senza risparmiarsi, vivendo così la realtà di una “Chiesa in uscita”, di una Chiesa in mezzo alla gente, di un Pastore che sta in mezzo al gregge fino alla fine.

Celebrare i funerali di un Papa, significa anzitutto celebrare i funerali di un cristiano che ha vissuto la sua fede e la sua fedeltà a Cristo; significa consegnarlo nelle mani di un Dio che è Padre, che è la meta, il punto d’arrivo di ogni uomo e di ogni donna. Ricordo quando allora, per la prima volta (oggi c’è nel normale Rito delle Esequie), si compì il rito dello stendere un velo sul volto del Papa defunto: non vedremo più il suo volto noto e amato, ma lui vedrà e potrà contemplare per sempre il volto di Dio. Per questo è significativo che papa Francesco abbia desiderato un funerale semplice. Ma ormai eravamo abituati alla nobile semplicità dei funerali papali da quando già il papa San Paolo VI volle un funerale semplicissimo con quella bara adagiata per terra, con accanto i simboli della Pasqua: il Vangelo e il cero pasquale. Così si ripete anche questa volta. La novità per papa Francesco sarà quella di essere sepolto in quella che potremmo chiamare la casa della Madre, la casa di Maria, la basilica di Santa Maria Maggiore, dove lui si recava normalmente ogni volta che poteva per affidarsi a lei. Anche qui come il “Totus tuus” di Giovanni Paolo II. Inoltre saranno significativi nel suo funerale, celebrato dalla Chiesa universale per lui, due momenti rituali previsti; quello della Chiesa di Roma, la diocesi di cui era Vescovo, con la preghiera e il canto delle Litanie dei Santi, soprattutto dei Santi Pontefici romani e la preghiera dei Patriarchi Orientali di quelle comunità cristiane che in Medio Oriente e nei paesi dell’Est europeo sperimentano i danni e le sofferenze di quella “terza guerra mondiale a pezzi” da lui spesso evocata. Cosa tocca fare a noi cristiani se non accompagnare nella preghiera e nel rendimento di grazie per il dono di un Pastore che ci è stato dato in questi anni. Un Pastore che ha portato con sé la sua singolarità di gesuita che ci invitava al discernimento e alla sinodalità; di un uomo sudamericano dedito ai poveri; di una persona dedita alla ricerca della pace. Consegniamo a Dio quest’uomo e ci prepariamo a un altro evento altrettanto importante per la vita della Chiesa: l’elezione e il dono di un nuovo Pastore. Ho avuto esperienza nel 2005 di un conclave e so cosa vuol dire per i cardinali vivere questa esperienza che è esperienza profondamente responsabile, anzitutto di fede e di preghiera e non tanto di correnti e di spartizioni di potere. Ho il ricordo delle congregazioni generali come di un momento bello, vivo e vero di Chiesa nell’ascolto delle testimonianze di tanti cardinali che portavano la vita delle loro comunità cristiane, nel confronto vivace e sincero e alla ricerca di un nuovo Pastore, del Pastore universale della Chiesa, di colui che assume sulle sue spalle e nel suo cuore una responsabilità formidabile enorme e importante di servizio.

Anche in questo caso tocca a noi, alla comunità cristiana, pregare e invocare lo Spirito Santo per i Padri Cardinali e per colui che sarà chiamato il “Servo dei servi di Dio”, colui che sarà chiamato a guidare la Chiesa di Roma che “presiede le Chiese nella carità”.

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