Roma, 7 maggio 2025. Un’attesa lunga 3 o 4 ore, raccolta, orante. Così abbiamo vissuto in piazza San Pietro il lungo pomeriggio che ha dato finalmente il via a questo atteso conclave. Un crescendo di emozioni, fino a quel fumo improvviso, abbondante, ma indiscutibilmente nero, che alle 21 passate di una manciata di minuti ha provocato un “ohh” di delusione, peraltro in gran parte prevista.

Nel primo giorno – lo dice la storia dei conclavi – c’è solo l’espressione di un orientamento, soltanto nelle sessioni successive il consenso viene orientato, canalizzato verso pochi nomi. È stato l’antico rito dell’Extra Omnes con la chiusura dei battenti della Cappella Sistina – simbolo dell’isolamento e della segretezza alla quale gli elettori sono tenuti –, che ha caratterizzato il pomeriggio. E poi quel giuramento personale, più che una promessa un affidamento allo Spirito Santo, che ha visto sfilare però i pastori dei cinque continenti: in piazza i fedeli dei loro Paesi li accoglievano con un sorriso e uno sventolio di bandiera – segno di appartenenza più che di tifo – anche di partecipazione. Un timido applauso è scoppiato solo quanto è apparso in primo piano il Patriarca latino di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa, uno dei papabili.

La piazza – prima sotto un sole sfolgorante, poi nel venticello leggero della primavera romana – si è riempita alle 19 per pregare e anche cantare, con qualche sorriso al solito gioco del gabbiano che faceva capolino sul comignolo della Sistina. Ad un certo punto un aereo di linea con la sua scia bianca ha creato un effetto fumata, subito ripresa da un pacifico drone che ronzava per le riprese video sopra le teste delle oltre 60 mila persona in piazza. E poi il canto austero e partecipe del Veni Creator a ricordare a tutti che non si tratta di un competizione elettorale ma della ricerca di una guida illuminata dallo Spirito.

“A domani, speriamo nel nuovo Papa“, il saluto sulla bocca di molti.