lo spunto
“Ringrazio la Giuria del premio SAT per aver voluto assegnare il premio 2025 per la categoria ‘sociale’ alla nostra Fondazione Stava 1985. Esso mette in rilievo lo spirito che fin dai primi giorni dopo la catastrofe (40 anni fa, il 19 luglio 1985) ha contraddistinto l’impegno per la memoria dei familiari delle Vittime della Val di Stava. Come si è scritto nel libro Stava perché, pubblicato nel 1995: ‘Il vero monumento alle vittime innocenti di Stava è l’impegno silenzioso, costante, tenace che le famiglie sopravvissute hanno sofferto e trasmesso lungo tutti questi anni per mantenere vivo il ricordo dei loro cari e soprattutto perché quelle morti si liberassero dalla loro disperazione, per tradursi in un momento di vero riscatto civile’”.
Graziano Lucchi
Presidente della Fondazione e dell’Associazione Familiari Vittime di Stava (Trento, 30 aprile 2025, Casa della SAT)
Il presidente Graziano Lucchi ha voluto condividere la riconoscenza dei Familiari delle Vittime di Stava per questo Premio, che la Sat attribuisce nell’ambito del Filmfestival nei settori dell’alpinismo, della cultura di montagna e della socialità. Gli è stato consegnato dal presidente Mauro Leveghi e Lucchi lo ha condiviso con i soci fondatori della Fondazione e, più in generale, con tutto il Trentino e le regioni alpine: lo ha fatto non solo per ricordare i 40 anni di quella tragedia, ma per ammonire circa i pericoli futuri che continuano a minacciare – e sempre più minacciano – la montagna e le sue genti.
Proprio in questi mesi il tema è stato trattato in modo profondo e affascinante da un altro protagonista trentino, Walter Nicoletti, studioso di natura e agricoltura, giornalista e comunicatore, ora presidente delle Acli, in un libro edito da ViTrenD con un titolo che è un manifesto per il futuro oltre che un invito alla lettura: “Le Alpi per ricominciare”.
La necessità di “ricominciare” per costruire un’alternativa equa ad un sistema di sviluppo basato sullo sfruttamento delle risorse naturali ed umane non consiste nel salire le montagne verso la conquista di nuove vette o nell’appiattirle spianandole, riducendole ad una dimensione di periferie suburbane, ma stimola a riscoprirle dal basso, dove hanno le loro radici, dove soffrono insulti e aggressioni, dove trasmettono la loro lezione più autentica, che è quella di insegnare il senso del limite, il rispetto per gli equilibri naturali, entro i quali uomini e società devono inserirsi senza spezzarli.
Perché Stava, come le altre tragedie che la Fondazione vuole rappresentare e che la Sat, con il Premio ha voluto riconoscere nasce proprio dalla cupidigia dell’uomo che vuole superare ogni limite. Anche le cause delle altre tragedie alpine, come il Vajont e il Cermis, stanno in questo.
La montagna sotto tutte le latitudini ha grandi risorse da offrire: le pietre delle sue rocce e il legno dei suoi boschi per costruire ripari e baite e per riscaldarle l’inverno; l’acqua per sostenere la vita, rigenerarla, irrigare pascoli e culture, oltre a diventare fonte energetica per macine, mulini, segherie… Per questo la montagna è stata ovunque rifugio a minoranze oppresse in cerca di libertà, sussistenza e riscatto, mentre le sue bellezze sono diventate risorse di spiritualità, di riposo, di risanamento (ora di turismo) per crescenti fasce di popolazione. Ma anche in questi casi se si oltrepassa il limite (e il fenomeno del cosiddetto “overtourism” ne dà conferma) si verificano reazioni di rifiuto, di rigetto; chi la viveva si sente come travolto da un’alluvione, privato del suo lavoro e della sua dimensione identitaria, lascia tutto e se ne va.
Ecco allora il vero significato della Fondazione e la ragione per ricordare Stava. Dopo 40 anni il dolore per le vittime innocenti travolte dalla valanga di fango che si riversò sulla piccola valle laterale di Fiemme resta intatto e ferisce sempre l’anima e il cuore non solo di chi, in quella giornata di sole del 19 luglio 1985 perse figli, madri e padri, ma oggi altre preoccupazioni si aggiungono, visto che la crisi energetica e gli interessi economici stanno spingendo per la costruzione, in tutto il Trentino, di bacini artificiali di raccolta delle acque in quota (spesso mascherate da laghetti innocui). Ma non sono romantici laghetti, sono masse d’acqua sulla testa di paesi, case e alberghi, e preludono quasi sempre a ulteriori, diversi interventi. Per questo, ricevendo il Premio Sat, il presidente Lucchi ha voluto concludere il suo ringraziamento ricordando chi si prodiga per tenere alta e viva la testimonianza di Stava: “l’Associazione 19 luglio Val di Stava, che raccoglie i familiari delle vittime, la Magnifica Comunità di Fiemme, i Comuni di Longarone e di Cavalese, teatro degli analoghi disastri del Vajont e del Cermis, il Comune di Tesero, che ha fatto proprio l’impegno per la memoria, i soci onorari e sostenitori che, con risorse economiche e professionali, rendono possibile l’attività della Fondazione”, oltre “alle migliaia di persone che consultano il nostro sito o che vengono a visitare il Centro Stava 1985 per sapere, per cercare di capire e per riflettere, e che a volte lasciano un pensiero di apprezzamento spesso toccante, pensieri e riflessioni che ci rafforzano nel nostro impegno”.
“Vi ringrazio per l’attenzione – concludeva Lucchi – e vi invito a venire a Stava sabato 19 luglio, per partecipare ai riti religiosi e alla cerimonia civile che, nel pomeriggio, sarà dedicata ad una riflessione, pacata ma solenne, sul modo corretto di concepire l’attività economica, il profitto, il rapporto con l’ambiente, la valutazione del rischio”. Trovate sul sito della Fondazione Stava (www.stava1985.it) tutte le informazioni circa le iniziative in programma nel quarantesimo anniversario della catastrofe della Val di Stava.