“Politica e istituzioni, organizzazioni dal basso, università e spazi di lavoro, la società tutta: è collettiva la responsabilità di ciò che vogliamo e possiamo fare. Una volontà che non sia dettata dall’ideologia, che superi le retoriche, i sensazionalismi della violenza e del dolore”. Lo scrive la presidente della Commissione provinciale pari opportunità (Cpo) del Trentino Marilena Guerra dopo i due femminicidi degli ultimi giorni: a perdere la vita Fernanda Di Nuzzo, 61 anni, e Martina Carbonaro, 14 anni.
“Cosa facciamo tutte e tutti noi per interrompere tutto questo? Sicuramente non abbastanza per prevenire il processo della violenza inscritto nelle relazioni, fatto di parole abusanti e controllanti, abusi, violenze psicologiche ed economiche. Processi che si inscrivono fra le mura domestiche, la stretta cerchia dei conoscenti, che siano partner, ex o semplici conoscenti”, scrive la presidente della Cpo.
LA LETTERA COMPLETA
“Si allunga ogni giorno la lista delle vittime di femminicidio. L’ultima è Fernanda Di Nuzzo, 61 anni, la penultima Martina Carbonaro, 14 anni, che voleva interrompere la sua relazione con Alessio Tucci. Non le è stato permesso di scegliere, di decidere della sua vita, del suo presente e del suo futuro.
Non le è stato concesso di decidere per sé.
Gli ultimi femminicidi avvenuti nel nostro paese ci raccontano di vittime sempre più giovani, così come i ragazzi che li commettono. Questo ci mostra come le matrici culturali di possesso e controllo maschile nelle relazioni siano radicate, prodotte e riprodotte collettivamente.
Cosa facciamo tutte e tutti noi per interrompere tutto questo? Sicuramente non abbastanza per prevenire il processo della violenza inscritto nelle relazioni, fatto di parole abusanti e controllanti, abusi, violenze psicologiche ed economiche. Processi che si inscrivono fra le mura domestiche, la stretta cerchia dei conoscenti, che siano partner, ex o semplici conoscenti.
Sicuramente non facciamo abbastanza per educare al rispetto dell’altra o dell’altro in generale, per educare i giovani al consenso, alla reciprocità, a saper accettare il “no” di chi ha percorso insieme a noi un pezzo di strada ma che non vuole più farlo. Non apriamo sufficienti spazi per educare alla consapevolezza di sé, dell’altra/o, di identità che stanno in relazione.
Non si fa abbastanza nelle scuole, una delle principali agenzie di socializzazione, dove non ci sono percorsi consolidati, o meglio non ci sono più (in Trentino in particolare), per accompagnare alunni ed alunne nel percorso di crescita, per costruire rapporti paritari che rispettino le differenze.
Non si fa abbastanza a tutti i livelli, nemmeno nelle aziende, con progetti rivolti a lavoratori e lavoratrici, che sono a loro volta partner, madri e padri. Perché sì, la prevenzione si fa anche in famiglia con l’esempio positivo.
Politica e istituzioni, organizzazioni dal basso, università e spazi di lavoro, la società tutta: è collettiva la responsabilità di ciò che vogliamo e possiamo fare. Una volontà che non sia dettata dall’ideologia, che superi le retoriche, i sensazionalismi della violenza e del dolore.
Il governo del paese, così come della nostra provincia, hanno la responsabilità di porre in essere interventi strutturati, a tutti i livelli, percorsi e strategie per contrastare una cultura dove le donne muoiono per quello che sono. Cioè semplicemente donne. Questa deve essere una delle priorità.
Come Commissione provinciale Pari Opportunità tra donna e uomo non perderemo mai di vista il nostro obiettivo: l’effettiva parità tra donna e uomo in tutti i settori della vita pubblica e privata, agendo sia a livello normativo che a livello di cultura e consapevolezza.
Noi ci siamo per lavorare insieme”.