L’Assemblea Antirazzista: “Nessuna donna per strada? A Trento è una bugia”

A lanciare l’allarme è l’Assemblea Antirazzista Trento, che assieme allo Sportello Casa per Tuttə da tempo è attiva nel documentare e segnalare casi gravi e ripetuti di donne richiedenti asilo e titolari di protezione lasciate senza un tetto nel territorio trentino: “Donne sole, giovani e non, spesso senza alcuna rete familiare o supporto formale, che si ritrovano improvvisamente senza un luogo dove dormire, escluse da ogni forma di accoglienza, nonostante la loro condizione di vulnerabilità sia evidente e, in molti casi, formalmente riconosciuta”.

“Secondo il D.lgs. 142/2015, ogni richiedente protezione internazionale ha diritto all’accoglienza per l’intera durata della procedura. Ma a Trento, territorio che ama raccontarsi come laboratorio di welfare, questi diritti vengono sistematicamente disattesi nella pratica quotidiana”, denuncia l’Assemblea Antirazzista: “Le donne che supportiamo da mesi passano da un dormitorio temporaneo alla strada, senza alcun piano, senza comunicazioni chiare, senza presa in carico. Alcune sono state allontanate con un preavviso minimo. Ad altre è stato semplicemente detto che sarebbero state “richiamate tra una settimana” — mentre già quella sera non avevano più un posto dove andare. Nel frattempo, i nostri tentativi di confronto con le istituzioni si scontrano con risposte vaghe, scarichi di responsabilità o silenzi istituzionali. Da alcune interlocuzioni informali è emerso che una soluzione sarebbe stata individuata. Ma nulla è stato formalizzato, né comunicato alle dirette interessate, né condiviso con chi da mesi le segue quotidianamente. Neppure il personale della struttura di riferimento, Casa della Giovane, fornisce indicazioni chiare o rassicurazioni. Se davvero una soluzione esiste, si colloca comunque ben al di sotto degli standard minimi previsti dalla normativa vigente”.

“A tutto ciò si somma un altro silenzio, più vasto e più assordante: quello dell’associazionismo, dei collettivi femministi, dell’Università. Laddove ci si aspetterebbe solidarietà, visibilità, denuncia, c’è invece un preoccupante silenzio. Le donne lasciate in strada non trovano spazio nemmeno nei discorsi sulla violenza di genere. Non ci sono campagne, non ci sono prese di posizione, non c’è indignazione. Sembra che l’accoglienza sia una questione privata, residuale. Non una questione politica e strutturale. Ancora più grave è ciò che ci siamo sentite dire — senza giri di parole — da chi dovrebbe occuparsi di queste situazioni: che una donna adulta, senza minori a carico, non è un soggetto che “merita tutela”. Un messaggio disumano, ma perfettamente coerente con quanto accade ogni giorno nella gestione dell’accoglienza in Trentino: una gerarchia della vulnerabilità che cancella le donne sole, in quanto tali, dalla mappa dei diritti. Nel frattempo, mentre la Provincia elude ogni confronto, il Comune di Trento continua a restare del tutto assente. Pur non avendo competenze dirette in materia di accoglienza per richiedenti asilo, non ha mai mostrato attenzione, né messo in campo misure di supporto o mediazione, né nemmeno pubblicamente riconosciuto ciò che accade. Il risultato è che donne vulnerabili vengono lasciate in strada, nel silenzio, anche in una città che si proclama “solidale”. L’accoglienza dei e delle richiedenti asilo dice molto — forse tutto — su un territorio: sulle sue priorità, sui corpi che considera degni, sul valore reale che attribuisce ai diritti umani. A Trento, le promesse sulla qualità dell’accoglienza, sulla presa in carico, sulla tutela della fragilità femminile si infrangono ogni giorno sulla realtà dell’abbandono. La “presa in carico” resta un concetto astratto, usato nei documenti programmatici, ma smentito ogni giorno dall’improvvisazione e dallo scaricabarile tra enti.
Come volontariə, non ci piace raccontare le storie delle persone che si rivolgono a noi. Crediamo nella riservatezza e, soprattutto, rifiutiamo di prendere la parola al posto di chi è direttamente colpitə da politiche discriminatorie e pratiche escludenti. Ma sentiamo il dovere di denunciare un fatto che parla da sé”, denuncia ancora l’Assemblea.

Il 3 giugno, Casa della Giovane ha comunicato la “dimissione” di una ragazza di soli 19 anni, dicendole che avrebbe dovuto lasciare immediatamente la struttura. Se quella ragazza fosse stata effettivamente lasciata per strada, come sembrava probabile, avrebbe corso rischi gravissimi di violenza e abuso, proprio a causa della sua esposizione. In questo caso, come in molti altri, il rischio non è teorico. È concreto. Ed è inaccettabile. Conclude la nota dell’Assemblea Antirazzista: “Non bastano più le dichiarazioni pubbliche, né le rassicurazioni a mezzo stampa. Servono responsabilità, trasparenza e coerenza. Serve una mobilitazione larga, capace di rimettere al centro il diritto a un’accoglienza dignitosa, per tuttə, senza condizioni arbitrarie. Perché “nessuna donna per strada” non può restare uno slogan. A Trento, oggi, è ancora una bugia”.

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