“Sabbia sul marmo”, la coscienza di Tommaso Moro verso la morte

Londra, luglio 1535. In una cella della Torre di Londra, Tommaso Moro attende la propria esecuzione capitale. Nelle ore che precedono la sua fine, scrivendo dove può, si dedica all’incontro ormai prossimo con la Divinità, ma anche a distruggere l’immaginetta sacra che di lui – ne è sicuro – faranno i posteri, passando al pettine fitto del rigore morale la sua vita.

In un serrato ma dolce dialogo con se stesso, contrappone così le sette virtù cristiane, con le quali lo incoroneranno i posteri, ai sette vizi capitali che la sua retta coscienza invece gli rimprovera.

Joseph Tassone, dal 2021 capoufficio dei servizi funerari del Comune di Trento, ne interpreta lo struggimento, suggerendo che ognuno – si chiami o no Tommaso Moro, muoia per mano di boia o col capo affondato in guanciali di trine – nell’attimo che precede il salto nell’ignoto ha la certezza di poter urlare tutto il suo bisogno, nitido e confidente, di misericordia divina.

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