“Balbetto con disinvoltura”, la vita da disfluente diventa un podcast

Balbettare è come correre i 110 metri ad ostacoli già sapendo che ne abbatterai alcuni, e che non arriverai mai primo”. Rende bene l’idea, la metafora sportiva con cui si apre la prima puntata di “Balbetto con disinvoltura”, il podcast realizzato da Michele Anesi, educatore trentino di trentaquattro anni, che da qualche mese racconta “radiofonicamente” la sua esperienza di vita da disfluente.

Un progetto cominciato quasi per gioco, “per spiegare alla mia ragazza, nel momento in cui siamo andati a convivere, alcune abitudini che fanno parte della mia routine, come gli esercizi di respirazione che faccio quando mi sveglio”, ci spiega, “ma che ben presto è diventato l’occasione per soddisfare il bisogno che sentivo di raccontarmi e raccontare”. Sono nati così i nove episodi che, attraverso la sua esperienza molto personale, affrontano la balbuzie nella vita reale, a scuola, al lavoro, in amore, in famiglia, con un’onestà e un’apertura fuori dal comune. E decisamente apprezzate anche dagli ascoltatori, se in diverse centinaia di persone finora hanno seguito la prima stagione del podcast, uscita su Spotify, YouTube e sui canali di Sanbaradio, dove Anesi, da studente, ha mosso i primi passi nel mondo radiofonico.

L’importante è provarci
“Parlare in radio, dove nessuno ti vede ma tutti ti sentono, è l’incubo di ogni balbuziente”, scherza Anesi, facendoci tornare a quella corsa a ostacoli. “Magari ne butterai giù solo uno, magari tutti, ma a un certo punto dopo tante serie dovrai decidere se non partire più, oppure rialzarti, guardare fisso il traguardo, e nonostante tutto arrivare fino in fondo”, prosegue infatti il primo episodio: una sfida che va affrontata giorno dopo giorno. Perché per un disfluente non è semplice arrivare in fondo a una frase senza sbagliare: “Bisogna capire che non è un problema, ma un tratto caratteristico della persona, e quindi si deve imparare a conviverci, ad approcciarsi agli altri e alla vita con un’ottica un po’ differente, sapendo che bisogna sempre performare al massimo, anche se a volte non basta. Ma non è possibile neppure stare a casa, chiudersi, e quindi si esce, si sbaglia, ma non può essere una scusa per non provarci”, riflette l’autore del podcast. “Io sono stato molto fortunato e non ho mai incontrato gente, a parte qualche raro caso, che mi abbia fatto sentire volutamente a disagio per via della balbuzie. A scuola è andata abbastanza bene, al lavoro è sempre andata benissimo, come in parrocchia, con gli scout, nei campeggi o nelle attività di volontariato. In ogni caso, però, può capitare di avere la tentazione di evitare di esporsi, non intervenire. Negli anni ho capito che sarebbe stata una sconfitta”, considera Anesi.

Vivere una vita piena
Tra chi ha ascoltato il podcast, in tanti si sono riconosciuti: disfluenti, famigliari, insegnanti. E in tanti hanno contattato l’autore per condividere la loro esperienza prendendo spunto dagli argomenti trattati. “Domande, riflessioni, appunti che ho già organizzato per la prossima stagione”, racconta: “Questa è la cosa che mi ha dato più soddisfazione in assoluto: esiste ancora un grande stigma, soprattutto per i giovani, quindi è importante che certi messaggi possano essere uno stimolo, magari per dei genitori di un figlio disfluente, per un amico, per un professore”.
Anesi, che fin dalle scuole ha lavorato per migliorarsi con aiuto di logopedisti e specialisti del settore, ci tiene a puntualizzare che, con il podcast, non vuole in nessun modo sostituirsi a loro: “Non ho alcuna velleità di spiegare come si fa a uscire dalla balbuzie o a gestirla. Racconto ciò che funziona per me, una cosa assolutamente mia, frutto di anni di prove ed esperimenti. Non voglio essere un ‘logopedista 2.0’, ma semplicemente voglio raccontare che si può avere una vita piena anche essendo un disfluente”. E così è, scorrendo le puntate, tra attività sportiva, lavoro, amicizie, studio, relazioni, in un percorso che diventa quasi di autoanalisi, ma affrontato con ritmo e ironia, senza pietismi o compiacimenti. “Riporto un episodio vissuto con la mia prima ragazza: sentivo di volerle dire con la mia voce che ho la balbuzie, e quando, con grande sforzo, l’ho fatto lei mi ha risposto che non le cambiava niente: una risposta che mi ha smontato, e ricordarlo nel podcast è stato uno dei momenti più emozionanti”, ci racconta. La cosa più complicata da rivangare? “Il periodo delle scuole medie, difficile anche quando non si hanno problemi”. A livello professionale, invece, il momento più spiazzante è stato quando, durante un colloquio, gli chiesero come gestisse la balbuzie sul posto di lavoro: “Mi ha colpito perché mi è stato chiesto con tono professionale, non come sfottò. Non mi aspettavo quella domanda”.

Quanto aiuta parlarne
Fa inevitabilmente riflettere l’ascoltatore quando l’autore approfondisce il tema della relazione con gli altri: “La maggior parte delle persone, parlando con una persona balbuziente fa finta di niente, ma io sono contento se qualcuno esce dalla sua comfort zone e mi chiede a viso aperto come preferisco che si comporti”, ci dice Anesi: “È nel momento della difficoltà che l’emotività entra più in gioco, e c’è il rischio di ingigantire anche un errore piccolo. Come si comportano gli altri innesca o disinnesca l’irrazionalità e l’emotività”. Una cosa che accade spesso è che, quando una persona si blocca, l’interlocutore termina la frase al posto suo: “Il cortocircuito si crea perché la controparte lo fa in buona fede, pensando di togliere chi balbetta dall’inciampo, mentre invece, oltre ad evidenziare ulteriormente il fatto che non si riesce a concludere la frase, si affossa l’autostima dell’altro. È in quel contesto che può fare la differenza parlarne a viso aperto, per mettere in chiaro che, anche se ci si mette un po’ più di tempo, si é comunque in grado di arrivare in fondo al pensiero”.

E ‘Balbetto con disinvoltura’, per il suo autore, è stato un ottimo motivo per parlare apertamente della balbuzie anche con tanti conoscenti. “La mia famiglia mi ha sempre sostenuto: i miei non mi hanno mai tarpato le ali anzi, hanno sempre cercato di incanalare tutta la mia energia in attività sane, e mio fratello è stato il mio primo ascoltatore. I miei amici mi hanno fatto un sacco di domande che magari, prima del podcast, avevano sempre evitato di farmi temendo di essere invadenti o inopportuni. È bello vedere che c’è attenzione da parte degli altri: mi piacerebbe che questo lavoro servisse ad accendere ancora di più l’attenzione sul tema, spingere chi magari non ha avuto il coraggio di aprirsi, perché penso che tra pari ci si possa dare una grande mano”.

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