Oggi Gaza “è un grande limbo”. Ne ha parlato sabato 2 agosto, nel teatro dell’oratorio di Levico Terme, ospite della Piccola Libreria e della Biblioteca comunale, il giornalista Valerio Nicolosi, autore del libro “C’era una volta Gaza” (2024, Rizzoli), dialogando con la giornalista Fausta Slanzi.
“Il limbo è voluto, e fa parte di una strategia genocidaria“, ha spiegato Nicolosi, che conosce bene la Striscia, perché per anni ha tenuto dei corsi di videogiornalismo all’Università di Gaza City. La strategia è perseguita anche attraverso la Gaza Humanitarian Foundation, istituita ad inizio anno dal governo israeliano, e “che non ha nulla a che fare con il mondo umanitario”. “L’Onu ha pubblicato un video nel quale viene dimostrato che sono i soldati israeliani a sparare sulle persone in fila per ricevere il cibo”, ha raccontato Nicolosi. “Israele cerca di rendere la vita impossibile a queste persone, per poi accogliere le loro domande per lasciare la Striscia di Gaza. Fino al 2020 non ho mai sentito nessuno dire che voleva andare via dalla Striscia, anche se i miei studenti erano persone nate e cresciute sotto assedio. Adesso invece molti dicono che è meglio andarsene che morire a Gaza”. In questo modo, ha spiegato Nicolosi, si compie l’obiettivo genocidario, che non viene portato avanti solo attraverso le uccisioni: “L’obiettivo – ha detto il giornalista – è quello di affamare la popolazione e di farla uscire dalla Striscia, attraverso una deportazione che non sembri forzata”.
Nel frattempo, in Cisgiordania crescono le colonie israeliane: “Stanno nascendo tante colonie illegali, e i coloni sono aumentati: al tempo degli accordi di Oslo erano 100.000, oggi sono un milione”, ha illustrato Nicolosi. “Le colonie sono illegali per il diritto internazionale, ma il governo israeliano le riconosce: in questo modo diventano un pezzo di Stato d’Israele al di fuori del suo territorio ufficiale”. Ma Nicolosi ha raccontato anche di un viaggio nel campo profughi di Jenin, dove è stato accompagnato da una giovane fixer (le persone che aiutano i giornalisti stranieri a stabilire contatti con l’ambiente locale, soprattutto nei luoghi di guerra, ndr), che è morta a gennaio di quest’anno: “Tutti i ragazzi che ho conosciuto quel giorno sono morti. Erano tutti combattenti, e tutti giovanissimi. Il più grande avrà avuto 25 anni”.
Il giornalista ha parlato anche del suo libro “Attraversare i confini”, edito quest’anno dalla casa editrice Utet. Un volume che nasce da anni di esperienza sul campo. “Ho percorso più o meno tutta la Rotta balcanica, dal confine tra Grecia e Turchia a Trieste, passando per diversi Paesi, in particolare Bosnia e Crozia. In Bosnia ho attraversato boschi e montagne che sono ancora minati: un’eredità della guerra. E, tra il 2014 e il 2022, ho fatto 12 missioni in mare, tra Ong, marina militare e guardia costiera”, ha raccontato. “In questi anni ho visto una militarizzazione crescente e costante dei confini, anche e soprattutto di quello marino. Nel 2014 ho avuto la fortuna e il privilegio di essere a bordo della nave Etna, della Dattilo e della San Giorgio, assistendo alle missioni in soccorso in mare del nostro governo, quando Enrico Letta era premier e quando, dopo il 3 ottobre 2013, giorno della strage di Lampedusa, venne detto ‘mai più’. Era una bugia. Un anno dopo cambiò il governo, e arrivò Renzi. L’operazione Mare Nostrum divenne Triton, e si passò da una missione di soccorso alla difesa dei confini. Sono d’accordo sul fatto che l’operazione di soccorso in mare costava moltissimo, ma in quell’anno salvammo 100.000 persone”.
Secondo Nicolosi, gli accordi con Turchia, Libia e Tunisia “ci hanno resi ricattabili”. “Al ‘dittatore di cui abbiamo bisogno’ – ha detto riprendendo le parole con cui l’ex premier Mario Draghi parlò di Erdogan – nel 2016 abbiamo dato le chiavi di casa della porta più importante d’Europa, quella greca, perché la chiudesse bene. Noi siamo ricattabili. L’abbiamo visto nel momento in cui Erdogan ha avuto bisogno di soldi e di sostegno politico, e ha preso afgani, iracheni e siriani, portandoli fisicamente sul confine con la Grecia. In quel momento, la grande e lungimirante presidente della Commissione europea si è presentata sul confine tra Grecia e Turchia, affermando che la Grecia è lo scudo d’Europa. Ma uno scudo si usa contro un’arma, mentre quello che vedevo – perché ero lì in quei giorni – era qualche migliaio di disgraziati e di disgraziate che venivano spinti dall’esercito turco e respinti da quello greco”.