Al Pinzolo la testimonianza dei genitori di Sara Piffer

“Siamo davvero consegnati ad un tempo senza tempo, eterno? L’amore è veramente più forte della morte?“. Alle domande con cui si è aperta, lunedì 5 agosto, al Paladolomiti di Pinzolo davanti ad oltre trecento persone, una serata intensa e toccante come raramente accade, la risposta è arrivata naturale. Ed è tutta nel sorriso di Sara Piffer, la diciannovenne promessa del ciclismo di Palù di Giovo, travolta e uccisa da un’auto lo scorso 24 gennaio. A ricordarla, con la serenità che deriva da un percorso di fede non comune, i genitori Marianna e Lorenzo, insieme all’arcivescovo Lauro Tisi che a Sara ha riservato parole di gratitudine nella sua ultima Lettera alla comunità “Al di là”. “Al di là” era anche il titolo della serata, promossa dalle parrocchie della Val Rendena, patrocinata da Comune e Biblioteca e moderata da Piergiorgio Franceschini.

Lorenzo e Marianna hanno ricordato l’unicità e la poliedrica personalità della figlia, unica femmina accanto a tre fratelli: il suo amore per lo sport e per l’arte, la passione per lo studio – mamma Marianna cita il suo brillante tema di maturità su “Pellegrinaggio” di Ungaretti -, la curiosità mai sopita, la sua fede cristallina che la portava ogni sera, unica in famiglia, a recitare il rosario. “Da quando Sara non c’è più ci siamo presi l’impegno di pregarlo ogni sera tutti assieme in famiglia: è un modo per sentirla sempre presente”, ammettono Lorenzo e Marianna, che della figlia ricordano anche la caparbietà nel voler restaurare la statua della Madonna collocata del capitello sopra il paese o lo slancio nel voler a tutti i costi avviare in valle l’esperienza di un gruppo di pastorale giovanile nella sua comunità: “Ne aveva parlato ai parroci solo due giorni prima di morire. Oggi, e per noi è un miracolo di Sara, i giovani si ritrovano a Messa ogni mese in ricordo di nostra figlia ed è nato anche un loro coro, mentre il coro parrocchiale San Valentino le ha dedicato una canzone”, ripresa anche nella Lettera di don Lauro.

Marianna e Lorenzo Piffer, i genitori di Sara

Il vero “miracolo” compiuto però da Sara – ammettono Marianna e Lorenzo, suscitando anche il commento commosso a fine serata del sindaco di Pinzolo, Michele Cereghini – è il perdono immediato nei confronti dell’investitore della figlia. “Sara era una persona pura. Non potevamo macchiare la sua anima”. Ancora davanti a lei, stesa sull’asfalto ormai senza vita, genitori e fratelli si siamo guardati negli occhi: “Abbiamo subito capito che il perdono era l’unico modo per farla rivivere dentro di noi e per onorarne la memoria. Perché Sara vive”.

Sull’onda dell’inevitabile emozione suscitata dalla vicenda di Sara Piffer, l’Arcivescovo ha ripercorso le motivazioni, a partire dall’esperienza del lutto personale (la perdita del papà a soli sei anni), che lo hanno portato ad affrontare in “Al di là” un tema “scomodo” come quello dell’eternità. Per tirarlo fuori dalle paludi delle “teologie eteree e sdolcinate, piene di luoghi comuni”, si accalora don Lauro. E per ribadire, con la lucida certezza di fronte alla storia di Sara e della sua famiglia, che la “vita eterna comincia qui e ora, nel nostro presente: nei volti amati di chi ci ha preceduti, nella cura delle relazioni, nel dono gratuito di sé, nella libertà che Dio ci dona, fino all’ultimo istante”.

Piergiorgio Franceschini (a sinistra) e l’arcivescovo Lauro Tisi

Don Lauro si sofferma anche davanti all’attento pubblico di Pinzolo così come nel testo di “Al di là”, su altri volti che dell’eternità sono stati per lui testimoni autentici: una madre morente, incontrata in Visita pastorale, desiderosa di ricevere davanti ai figli l’estrema unzione; le troppe vittime della tragedie belliche; il compianto don Mauro Leonardelli – delegato dell’Area Testimonianza prematuramente scomparso ad aprile – e la sua anziana mamma, entrambi esempio di abbandono fiducioso alla volontà del Signore. “Mi hanno dato una lezione straordinaria che porto ogni giorno con me. Mi hanno aiutato a rimettere ordine, ristabilendo alcune priorità. Non a caso cerco di essere il più possibile vicino ad altri preti morenti, che mi hanno chiesto di essere accompagnati nell’ultimo passo”.

Mentre sullo schermo scorrono le immagini di Sara e delle sue vittorie, sale sul palco l’amica coetanea Giorgia Nicolodi, compagna di scuola dell’atleta scomparsa. Giorgia è appena rientrata dal Giubileo dei giovani (condiviso passo passo insieme al vescovo Lauro) e per Sara ha composto una poesia – “non trovavo, sussurra, altro modo per descriverla” – dal titolo evocativo: “Sorriso che resta“. Un testo di rara intensità, che Giorgia declama nel silenzio assoluto del Paladolomiti:

Hai spento in me
l’ultima brace che ancora ardeva,
quella che, ostinata,
sperava nella fragile tessitura del vivere.
Un istante.
Una lama di silenzio:
“Non c’eri più.”
Ed ecco il mio mondo disfarsi,
senza rumore,
come neve che svanisce
al primo bacio del sole.
Poi,
tra le lenzuola fredde di quella camera muta,
t’ho vista, tremando t’ho accarezzata.
Il volto sereno, quasi in attesa,
la tua maglia da bici,
i pantaloni consunti della tua vita quotidiana.
Sorridevi.
Sì, ancora, tua consuetudine.
Sfidando la morte col tuo sorriso lieve,
mi hai detto, senza voce:
“si può sorridere,
anche oltre il tempo.”
E lì,
mentre ogni fibra di me si spezzava e andava morendo,
è nata una scintilla.
Piccola,
ostinata,
sacra.
“Celebrate l’Eterno, invocate il Suo nome;
rendete note le Sue opere fra i popoli.”
Ora è mia,
questa missione che fu tua,
tracciata nelle vene,
incisa nel respiro.
Dove non sei, tutto tace dentro me.
Ma sei ogni battito che non tace,
sei nella gioia che arde,
nel lamento che sale,
nella preghiera che mi abita.

vitaTrentina

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