Lo spunto
Salire sui monti è un modo per scendere in profondità dentro se stessi, per interrogarsi sulle proprie aspirazioni e contraddizioni, fare spazio alle cose davvero importanti. La montagna è una dimensione geografica, ma anche simbolica. Rappresenta la tendenza dell’uomo ad auto trascendersi, a cercare nell’altro e nell’oltre ciò che possa riempire i suoi grandi vuoti interiori (…). La montagna è anche un luogo privilegiato di incontro. Perché se è vero che i sentieri sono meno trafficati delle strade urbane proprio per questo ogni persona che si incroci lassù, si saluta con un calore speciale (…) È più immediato tendere una mano, condividere un pasto, offrirsi l’un l’altro aiuto.(…) La montagna è oggi anche un ambiente fragile. Un ambiente che ci chiede un supplemento di attenzione, amore e cura. La rete dei Sentieri Frassati si offre come occasione particolare per vivere la montagna in tutte queste dimensioni: la spiritualità, la convivialità, la protezione.
Don Luigi Ciotti. Introduzione a “Pier Giorgio Frassati e i suoi sentieri”.
La memoria di Pier Giorgio Frassati, il figlio del fondatore del quotidiano “La Stampa” morto nel 1925 per una poliomelite fulminante all’età di 24 anni, è stata più volte richiamata in questa estate che sta per concludersi. L’hanno ricordata i frequentatori della montagna che ancora ne cercano i valori spirituali e umani, respingendone l’“overtourism” consumistico, i camminatori che percorrono i sentieri a lui dedicati e quelli che a lui si ispirano perché invitano non solo a salire o a collegare momenti di bellezza, ma a “scendere in profondità” dentro se stessi, a capirsi, a incontrarsi con amici e fratelli. Papa Leone XIV a inizio agosto ha indicato Frassati al milione di giovani pellegrini a Tor Vergata, ma i nonni di oggi ricordano come il giovane torinese fosse additato dalle loro famiglie, assieme a maestri laici e catechisti, come esempio da seguire e da imitare. Bravo a scuola e generosamente impegnato nelle attività sociali, di famiglia agiata Frassati si spendeva attivamente per i poveri, personalmente nella San Vincenzo, eccelleva negli sport, nelle salite su roccia e nelle lunghe traversate, da rifugio a rifugio a piedi o con gli sci; era però capace di scelte autonome, libere e controcorrente negli anni difficili del primo dopoguerra mentre il Paese scivolava nel fascismo e una testimonianza cristiana assumeva il valore di una resistenza. I libri che presto lo raccontarono, avvicinandolo spesso a Domenico Savio, il giovane discepolo di don Bosco, erano un dono quasi d’obbligo per i bambini che negli anni Cinquanta si accostavano alla prima comunione. Quest’anno la sua figura torna centrale per l’ormai prossima canonizzazione di domenica 7 settembre come patrono dei giovani e per l’uscita di un libro (da cui abbiamo tratto lo “spunto” di don Ciotti) che ne racconta la figura e le giornate, accompagnandole con la descrizione dei sentieri a lui dedicati in ogni regione italiana. Autore del libro è Antonello Sica, scrittore e alpinista campano che nel 1994 con il Cai di Salerno promosse il primo sentiero dedicato a Frassati, con un’idea che due anni più tardi venne rilanciata in tutto il Paese dall’allora presidente generale Roberto De Martin. Ora i sentieri sono 22; il più recente, aperto nel 2012, è quello dell’Alto Adige e di un anno precedente quello del Trentino, dal santuario della Madonna delle Grazie di Arco al santuario di San Romedio. Due santuari, ma si tratta di un sentiero, non di un pellegrinaggio, anche se il percorso invita certamente alla meditazione e a un pensiero di lode al Creatore. Sta proprio qui la modernità di Frassati (lo esprimono bene nel libro le due omelie di papa Giovanni Paolo II, un richiamo di spiritualità per superare la mercificazione della montagna di Roberto De Martin e il commiato finale dell’arcivescovo di Trento Lauro Tisi), sta qui l’attualità della sua testimonianza di giovane santo, di non rifuggire la terra, con le sue asperità rocciose che possono ferire le mani, con la polvere e il fango che possono sporcarle, ma di riscoprire proprio nel camminare sui sentieri la sacralità della quotidianità. Passo dopo passo, infatti, in sintonia fra corpo, cuore e mente, i sentieri di Frassati insegnano la sacralità della natura anche nei suoi aspetti minori, più trascurati o apparentemente scontati (un sasso, un insetto, un albero, un fiore nascosto, un alito di vento che muove una foglia), oltre a riscoprire le tracce di chi ci ha preceduto compiendo negli anni, spesso nei secoli, lo stesso percorso con fatica, con amore, con una preghiera di speranza. Sui sentieri ci si ferma anche per un respiro nella salita o per scendere in se stessi, nei propri anfratti nascosti, per poi poterne riemergere rinati, ripuliti, come restaurati. Redenti nella sacralità del Creato. La santità moderna di Frassati si è manifestata nell’incredibile flusso di giovani accorsi a Tor Vergata nella domenica del Giubileo. Incredibile non tanto per i numeri, ma per le intensità degli sguardi e delle attese che gli occhi esprimevano. Così l’incontro si è tramutato da folla plaudente in lode corale e al tempo stesso in dono di grande speranza per tutta la Chiesa, per le sue istituzioni apostoliche e per il “popolo di Dio”, per tutti gli uomini e le donne di buona volontà, quasi la promessa di una rinnovata giovinezza per una Chiesa che non diverrà mai obsoleta, così come invocava la prima risposta dei chierichetti che “servivano” la messa in risposta all’“Introibo”, “al Dio che allieta la mia giovinezza”, e si capiva che era una promessa estesa a tutta la Chiesa che grazie al Cristo Risorto rimane giovane, curiosa e accogliente verso il futuro, capace di amore e di carità, non solo di soccorso e consolazione. Così Pier Giorgio Frassati diventa patrono e quasi “guida alpina” non solo delle giovani generazioni, ma della Chiesa lungo i sentieri anche difficili che percorre. Così il libro di Sica si propone non solo come lettura e invito ai sentieri, ma come compagno di gita e amico.