Da cattolici in politica, a Pinè come a Trieste

La bora di Trieste, che alla Settimana Sociale di un anno fa sollevò l’esigenza di una presenza più incisiva dei cristiani in politica, ha soffiato forte in questi mesi ed è arrivata fra le conifere di Pinè. Sull’Altopiano ha radunato ottanta amministratori pubblici a Montagnaga per un confronto inedito, ma non estemporaneo.

Ci si è arrivati con un percorso prudente e convinto, avviato dai due sindaci “pinaitri” Alessandro Santuari e Francesco Fantini (subito appoggiati dal rettore del santuario don Piero Rattin e dal parroco don Stefano Volani) che hanno creduto nell’occasione provvidenziale del Giubileo.

L’hanno valorizzato come una celebrazione silenziosa dedicata soltanto a loro, interpretando così anche l’attesa e il desiderio di altri “colleghi” desiderosi di momenti di ricarica personale, anche per non ritrovarsi soli davanti a tante scelte di coscienza.

Ne hanno tratto forza dalla riconoscenza espressa loro dall’arcivescovo Lauro (“oggi non è facile fare politica, il vostro servizio è indispensabile”) e trasformata anche nell’invito a essere “sognatori coraggiosi”, uomini che comunicano speranza e guardano oltre il presente. Non perché buttarsi nell’amministrazione “da cattolico” sia un marchio di garanzia che autorizza ogni scelta e mette al riparo da ogni errore o da ogni critica, ma perché nella prospettiva evangelica lavorare per i cittadini è davvero una forma alta – se non “la più alta” come diceva papa Paolo VI, citato anche da Tisi – di esercitare anche oggi la carità.

Stimolante e quindi apprezzato anche il confronto precedente, introdotto da Lucia Fronza Crepaz, già parlamentare ed ora coordinatrice della Scuola di Preparazione Sociale, che ha ampliato alcune delle istanze emerse a Trieste richiamando alcuni elementi fondanti dell’impegno dell’amministratore pubblico nei confronti della polis, la città (si veda pag. 5): il servizio a tutti i componenti della comunità, la responsabilità, l’apertura al dialogo, l’inclusione, il dovere della formazione continua. Non sono propositi da compendio della dottrina sociale, ma virtù incarnate a livello cittadino da Giorgio La Pira e, alla guida del Paese, da Alcide De Gasperi, e Lucia Fronza Crepaz le ha proiettate nel futuro in un processo che punta a rendere più densa e partecipata la vita democratica.

Non ci si è attardati, insomma, in questa sosta proposta ai pubblici amministratori a discettare sulla “scelta religiosa” (secondo l’impreciso richiamo della premier Meloni, oggetto di vari interventi critici dopo il Meeting di Rimini), ma si è cominciato a ragionare sulle priorità di metodo richieste da questi tempi nuovi. Alcuni esempi?

La dimensione globale del proprio impegno locale (“la città è centro universale”), la scelta della mediazione possibile, la testimonianza della sobrietà di vita (messa in discussione dalla riemergente tentazione degli aumenti ai consiglieri regionali).

Nel dopo Messa, alla Comparsa, è stato molto commentato il richiamo realistico del vescovo Lauro a fare i conti con la vita concreta delle persone (“tutti siete continuamente interpellati, tirati per la giacca. So bene che spesso questo vi lascia nella solitudine: i problemi sono sempre più grandi delle forze di un singolo”), a evitare l’autoreferenzialità e praticare l’ascolto ad oltranza, anche di chi non la pensa come voi”. Lo stesso papa Leone XIV, incontrando alcuni amministratori pubblici della regione francese di Creteil ha incoraggiato a fine agosto “la carità sociale e politica”, fondandola su una unione forte con Gesù: “Non c’è separazione nella personalità di un personaggio pubblico: non c’è da una parte l’uomo politico e dall’altra il cristiano.

Ma c’è l’uomo politico che, sotto lo sguardo di Dio e della sua coscienza, vive cristianamente i propri impegni e le proprie responsabilità!”.

Come il vento di Trieste ha lasciato qualche buon seme di impegno in altre realtà, molti hanno detto che l’aria respirata venerdì scorso a Pinè non dovrebbe essere un fatto straordinario come il Giubileo.

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