lo spunto
Anche per l’autonomia il tempo ha assunto e assume la velocità digitale, e tuttavia anche oggi la politica può vincere e vince. A cominciare dalla doverosa e permanente ricerca di comuni intese tra le due Province autonome. Perché un’autonomia non regge senza condivisione e partecipazione e senza un adeguato capitale sociale che ne sappia moltiplicare l’efficacia. Dunque le sfide davanti sono molteplici e davvero impegnative, per Trento, ma anche per il Sudtirolo. In una società complessa come la nostra, complesso è chiaramente anche il ruolo della politica nel rispondere adeguatamente alle spinte dei cambiamenti. Il giudizio che personalmente mi sento di dare sul contenuto delle modifiche statutarie è largamente positivo. Si tratta di un passaggio di rilevanza storica. Non c’è stata la risposta su tutto, il cammino sarà ancora lungo, ma nel frattempo l’iter della riforma statutaria è stato definitivamente incardinato.
Giorgio Postal
(Trento, 22 settembre 2025)
Lo spunto viene dall’intervento che il sen. Giorgio Postal ha tenuto ai Rotary di Trento presentando il testo “Brani di storia vissuta” alla presenza, insieme, dei presidenti delle due Province di Trento e Bolzano, Fugatti e Kompatscher. Nel libro Postal ripercorre i momenti cruciali della sua testimonianza politica che ebbe come linea portante l’attenzione ai problemi dell’autonomia e dei rapporti fra Trento e Bolzano, soprattutto quando assunse l’incarico di segretario della Commissione dei 19, gruppo paritetico con rappresentanti trentini, sudtirolesi e altoatesini che ebbe il compito di riprendere il confronto fra le due Province dopo il Los von Trient di Castel Firmiano (1957) e la Notte dei fuochi (1961) che a sua volta segnò l’inizio di una stagione di terrorismo che solo il dialogo reciproco – “la Politica” come sottolinea lo stesso Postal – valsero a smantellare. Non certo le risposte “colpo su colpo” , la ripicca, la vendetta. Fu un confronto fra uomini diversissimi fra loro (della Commissione facevano parte, fra gli altri, Flaminio Piccoli e Silvius Magnago, Roland Riz e Alcide Berloffa, Renato Ballardini e Guido de Unterrichter) ma uniti nel voler cercare una soluzione di convivenza e di pace, rifiutando demagogie e populismi. Portò alla stesura di una bozza di nuovo statuto che sfociò poi in quel Pacchetto di attribuzioni e norme che dettero origine alla “seconda autonomia”, depotenziando la Regione nelle competenze, ma non del ruolo di “frame” (di cornice) a problemi che nei secoli si sono sempre presentati comuni alle due Province: dai trasporti e le comunicazioni sull’asse del Brennero all’agricoltura di montagna, dal turismo dolomitico alla cooperazione.
I pericoli, peraltro, non mancano, e vengono dalla tendenza strisciante a trasformare le due autonomie in separatezze, in reciproci confronti (e gelosie) su chi è più bravo o più ricco, dalla tentazione di vedere nel Consiglio regionale un “surplus” burocratico, invece che un “foro” dove incontrarsi reciprocamente e conoscersi anche a livello umano, con libertà di approfondire i problemi e le conoscenze dei rispettivi territori al di fuori di formalismi e appartenenze di parte o di fazione.
Il rischio di questa deriva è che le due autonomie finiscano come “separate in casa”. Di qui la necessità, avvertita da chi sente la responsabilità di una storia comune (non si può, come dice Postal, scrivere la storia del Trentino senza scrivere insieme quella del Sudtirolo – Alto Adige) di riprendere i contatti diretti a tutti i livelli prepolitici, economico, culturale, umano, spirituale. Di qui anche l’impegno ad incontri informali diretti fra i due vertici delle Province: molti problemi restano infatti da affrontare insieme in un contesto europeo di profondi mutamenti ed in una situazione internazionale con prospettive preoccupanti.
Sotto questo punto di vista l’incontro di lunedì fra Fugatti e Kompatscher va sottolineato non solo perché si pone come esempio per altre realtà, associazioni ed istituzioni, facendo della presentazione del libro un’iniziativa politica più che editoriale, quasi il frutto maturo di quell’albero di confronto e di buona volontà messo a dimora dalla Commissione dei 19.
Merita infatti riflettere, percorrendo le sue “pagine di storia” sulle questioni ancora aperte, o che si presentano nuove. Fra queste la necessità di precisare la “Questione trentina”, vale a dire il ruolo che l’autonomia trentina deve “sentire” di avere: non solo una garanzia nei confronti dell’Alto Adige o una corsa verso sempre maggiori risorse e competenze ma la realizzazione di uno stile di vita e di governo sobrio e rigoroso, come pensava De Gasperi, con l’ente pubblico che dà anche buoni esempi nei settori di sua competenza, sanità, scuola e territorio in primis. È questa l’identità con la quale ci si può presentare a Roma e in Europa. Questo è tanto più importante a fronte dell’omologazione che stanno subendo tutte le regioni alpine, anche il Trentino e il Sudtirolo, di ridurre la loro cultura, e quindi la loro legittimazione, ad un folklore turistico alla Disneyland.
L’omologazione rischia anche di appiattire le specificità risucchiando i due gruppi linguistici nelle tendenze dei rispettivi sovranismi dei paesi di riferimento, dei riarmi, dei nazionalismi di ritorno che rischiano di frantumare tutta la cornice europea, costruita per la pace, non per le conflittualità, all’interno della quale le autonomie hanno potuto maturare e consolidarsi. Anche il ruolo della “tutela” della neutrale Vienna andrebbe forse ripensato in quest’ottica, che interessa e riguarda non solo l’Alto Adige, ma anche il Trentino.
Sono elementi da tener presenti per scrivere le prossime pagine di storia. Le autonomie non possono ridursi alla richiesta di ulteriori competenze, di un’abbuffata di mansioni, ma tessere relazioni reciproche che possano contribuire alla costruzione di una regionalità alpina in grado di porsi come tassello di riferimento per un’Europa di pace.