Più dei risultati delle elezioni regionali nelle Marche, di cui comunque parleremo, è da tenere presente la situazione sul fronte di Gaza. Lunedì c’è stato il relativamente inaspettato annuncio di Trump, in conferenza stampa con Netanyahu, che è pronto un piano di pace per Gaza e per la questione mediorientale. Il piano è tutto sommato ragionevole anche se ovviamente si tratta di un documento diplomatico che tiene conto di quanto è possibile fare senza incontrare blocchi a priori (e nonostante alcune soluzioni un po’ cervellotiche). Mentre scriviamo non sappiamo ancora se Hamas lo accetterà, anche se non ci pare abbia vie d’uscita a meno che non voglia il bagno di sangue totale, il che può anche fare qualche propaganda alla sua causa, ma è orripilante.
Dal nostro punto di vista quanto potrebbe avvenire avrà riflessi inevitabili sulla nostra politica, estera in primo luogo, ma anche interna. Il summit previsto per valutare la risposta da dare alle provocazioni russe nei cieli europei dovrà per forza di cose misurarsi su quanto sarà richiesto nel caso il piano Trump entri in funzione (sembra che Netanyahu qualche palo nelle ruote si accinga a metterlo).
È chiaro che l’Europa dovrà rimodulare la sua politica sulla questione palestinese, perché si prevede un impegno europeo sia a livello di forze militari di pace che a livello di assistenza alla ricostruzione di Gaza e questo richiederà qualcosa di più e di diverso dalle semplici dichiarazioni. Per quanto ci riguarda si porrà di nuovo il tema dei rapporti tra maggioranza e opposizioni, perché il nostro intervento, quale che sia, nello sperabile processo di de-radicalizzazione a Gaza dovrà affrontare un passaggio parlamentare e anche un po’ di agitazione nell’opinione pubblica. Il tutto sperando che la telenovela della Flotilla non prenda una brutta piega, nonostante l’appello di Mattarella e le mediazioni dei cardinali Pizzaballa e Zuppi (lodate a parole, ma non prese in vera considerazione). Anche in questo caso si porrà il problema di far funzionare quel sistema bipolare che è stato confermato dall’esito della votazione nelle Marche.
Infatti, i dati che chiaramente emergono da una valutazione complessiva dell’esito delle urne sono tre: 1) metà degli elettori si astengono, evidentemente perché, per varie ragioni, non giudicano importante far vincere uno o l’altro dei contendenti (in sostanza temiamo pensino che tanto le possibilità di risolvere i problemi strutturali siano scarse chiunque governi); 2) il consenso alla coalizione di destra centro si è stabilizzato, come dimostra il fatto che il governatore uscente è stato riconfermato, nonostante fosse succeduto nelle precedenti elezioni ad una maggioranza di centro sinistra e le Marche non abbiano una tradizione di forte presenza di destra; 3) i partiti che hanno spinto alla radicalizzazione non sono andati affatto bene, né la Lega che è stata contenuta da FI e FdI, né M5S e AVS che sommati hanno portato al cosiddetto campo largo solo un misero 9,1%.
Naturalmente siamo al primo turno di una partita che andrà avanti. Questo fine settimana si vota in Calabria dove la riconferma per il presidente Occhiuto (FI) è data quasi per scontata. Non sarà in questo caso un dato banale, perché si tratterebbe di una seconda vittoria consecutiva della maggioranza di governo e questo potrebbe avere un qualche effetto di traino, soprattutto perché il previsto sconfitto in Calabria sarà una figura molto caratterizzata dei Cinque Stelle, l’ex presidente dell’INPS Tridico, padre del reddito di cittadinanza.
Non crediamo che l’effetto traino valga tanto per quanto riguarderà la Toscana, dove la presa del vecchio centro sinistra è forte (ma comunque anche qui si saggerà la tenuta dei Cinque Stelle e si vedrà se valeva la pena di cedere al riconoscimento delle loro bandierine nel programma), quanto piuttosto per la Campania, dove c’è della turbolenza e la scelta del Cinque Stelle Fico come candidato governatore non è che sia stata una trovata a prova di bomba.
Insomma, si profila un autunno piuttosto mosso. I riflessi di queste turbolenze si vedranno anche negli equilibri interni alle coalizioni e nei partiti. Non sappiamo se la posizione di Salvini reggerà intatta dopo le non brillanti prove che sta accumulando alle regionali, come ci sarebbe da aspettarsi che gli equilibri nel PD vengano messi in discussione, visto che le testardaggini della Schlein sull’alleanza di campo largo e sulle derive movimentiste non è che stiano dando buoni frutti.