“Ciò che era giusto. Eredità e memoria di Alexander Langer”, pubblicato da Edizioni Alphabeta Verlag di Bolzano, è l’ultimo saggio curato e in parte scritto da Goffredo Fofi, saggista, giornalista e critico cinematografico, intellettuale a tutto tondo, quando questa parola aveva ancora un senso, scomparso l’11 luglio di quest’anno. L’ampio saggio sul politico altoatesino/sudtirolese, scomparso trent’anni fa, sarà presentato mercoledì 22 ottobre a Vallelaghi, in teatro, alle ore 20,30. Ne discuteranno lo storico Giorgio Mezzalira e il giornalista Lucio Giudiceandrea.
È uno degli appuntamenti della rassegna culturale “Tutti i colori della pace” promossa dal Comune di Vallelaghi, in questo caso in collaborazione con la casa editrice bolzanina e la Fondazione Alexander Langer. Il politico vipitenese, di formazione cattolica, dirigente di Lotta Continua del cui giornale fu anche per un breve periodo direttore, consigliere provinciale a Bolzano ed europarlamentare dei Verdi, di cui aveva contribuito alla costituzione, lasciò scritto, prima di suicidarsi il 3 luglio 1995 a Pian dei Giullari vicino a Firenze: “Me ne vado più disperato che mai. Non siate tristi, continuate in ciò che è giusto”.
Langer fu un instancabile pacifista, costruttore di ponti all’insegna della convivenza interetnica, di cui stese un “tentativo di decalogo”, prima di tutto nel “suo” Alto Adige/Sudtirol, teorico di un ambientalismo che facesse della conversione ecologica all’insegna di uno stile di vita “più lento, più profondo, più dolce”, la stella polare. Nonostante queste convinzioni, preso atto che il massacro jugoslavo degli anni Novanta non accennava a fermarsi, propose, inascoltato, l’invio di un contingente di polizia internazionale, attirandosi più di una critica dalla sua stessa parte, sotto forma di un Corpo civile di pace composto da diplomatici, militari, volontari. Il 26 giugno del ’95 era a Cannes per chiedere ai Capi di Stato e di governo, riunitisi per il Consiglio europeo, di “abbandonare la loro politica di neutralità con l’appello “L’Europa muore o rinasce a Sarajevo””, assediata, di cui Langer è cittadino onorario post mortem. Neanche due settimane dopo la sua morte iniziò il genocidio di Srebrenica, oltre 8000 musulmani bosgnacchi fatti a pezzi, fucilati, dai serbo bosniaci guidati dal generale Ratko Mladic.
“Se c’è una chiave per provare a spiegare quale fosse per Langer, fin da ragazzo, il modo di stare al mondo – riflette lo storico Giorgio Mezzalira – essa è racchiusa nella locuzione “il mestiere di essere umani”. Vivere per lui non era un’arte istintiva, richiedeva pratica, fatica e dedizione quotidiana”. “Se riconosco (in Langer) innanzitutto una fede di natura messianica nel suo farsi carico degli altri, nel suo incedere trafelato, estenuante, all’incontro con le ingiustizie da sanare – aggiunge il giornalista Gad Lerner, di cui è presente un intervento nel volume – è perché lui davvero credeva fermamente nella possibilità di un mondo nuovo”. Contribuiscono al volume alcuni scritti di Langer, un ampio sunto biografico della storica Clara Bassan e dell’accademico Peter Kammerer. A conclusione, il giornalista Lucio Giudiceandrea intervista Daniel Cohn-Bendit, leader del Sessantotto in Francia e Germania, che con Langer ebbe una lunga frequentazione. “Le vicende della Bosnia lo avevano sfinito – rivela – La sua etica, che io definisco “cristiano-socialista”, ne è uscita sconvolta. La sua è stata un’emancipazione dal pacifismo. Tale processo lo ha mandato completamente in crisi”. E conclude: “Langer era una persona di valore, dal carattere nobile. E’ stato una persona che non solo voleva, ma il più delle volte anche sapeva essere umana”.