Monsignor Tisi: “La guerra è dentro di noi, nelle parole, nei pensieri e nelle relazioni”

Nel giorno della Commemorazione di tutti i defunti, domenica 2 novembre, l’arcivescovo di Trento, monsignor Lauro Tisi, ha presieduto la celebrazione eucaristica presso il sacrario militare del cimitero cittadino, ricordando i caduti di tutte le guerre. La sua omelia ha offerto una profonda riflessione sulla pace, la rabbia e la riconciliazione, sottolineando che la guerra, prima di essere fuori, è dentro di noi.

Richiamando una scritta apparsa in città – “Non sentire rabbia è privilegio”, cui qualcuno ha risposto “Che ti puoi tenere. Rabbia proteggimi” – monsignor Tisi ha osservato come oggi, più che mai, la rabbia e la divisione abitino nei rapporti umani e tra le nazioni. “La guerra, ancor prima che fuori di noi, è dentro di noi – ha detto – nelle parole, nei pensieri e nelle relazioni.”

Secondo l’Arcivescovo, questo conflitto interiore si manifesta nel desiderio di prevalere, nella delegittimazione dell’altro, nella mancanza di perdono. È una dinamica che mina le fondamenta della pace autentica e dell’incontro.

Citandolo dal Vangelo di Giovanni (6,39) – “Che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno” – Tisi ha descritto un Dio “ricucitore e riparatore”, che non abbandona le vite spezzate, ma ricama percorsi di riscatto e di riconciliazione.

“Vogliamo davvero la pace? Crediamo alla forza dell’inclusione o abbiamo sposato la via della rabbia e della ritorsione?”, ha domandato l’arcivescovo, invitando a una conversione del cuore.

Richiamando le parole di Papa Leone XIII e la poesia di Pablo Neruda, monsignor Tisi ha ribadito l’assurdità di ogni conflitto armato: “Mai una guerra è santa. Le guerre sono fatte da persone che uccidono senza conoscersi, per gli interessi di chi si conosce ma non si uccide.”

Solo prendendo le distanze interiormente dalla guerra – ha aggiunto – possiamo riconoscere in Gesù la via verso il Padre e scoprire i sentieri della pace annunciati dal Vangelo.

Rifacendosi alle lettere di San Paolo, Tisi ha ricordato che “Cristo è la nostra pace” e che lo Spirito Santo ha riversato nei nostri cuori l’amore di Dio. È da questa certezza che nasce la speranza di un mondo diverso, fondato sulla comunione e sulla misericordia.

L’omelia si è conclusa con un richiamo alla figura di Giobbe, simbolo della fiducia nonostante la sofferenza. Come lui, anche oggi possiamo riconoscere un Redentore vivo, che genera uomini e donne capaci di opporsi alla logica della morte, restando fedeli all’amore, alla pace e alla riconciliazione: “Su tutti i terreni, anche quelli segnati dalla guerra, queste donne e questi uomini incarnano la Pasqua di Cristo”.

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