Per il 13 dicembre il Coordinamento regionale No Cpr si mobilita e scende in piazza per una manifestazione nelle vie esterne al centro storico di Trento ( il centro sarà infatti occupato dalla fiera di Santa Lucia). L’obiettivo, oltre a ribadire il proprio no alla realizzazione del Centro di permanenza per il rimpatrio dei migranti in Destra Adige da parte della giunta provinciale presieduta dal leghista Fugatti, è quello di coinvolgere la città, il quartiere di Piedicastello, sede del futuro Cpr, le comunità migranti e gli studenti. Nelle settimane che precedono la manifestazione saranno promosse iniziative di sensibilizzazione e approfondimento. Le decisioni sono state prese dalla terza assemblea regionale del Coordinamento, molto partecipata, svoltasi a Trento, al Centro sociale Bruno, la sera del 12 novembre.
Secondo il Forum di salute mentale, gruppo a livello nazionale composto da numerose associazioni costituitosi nel 2003, i Centri di permanenza per i rimpatri degli stranieri migranti (10 sul territorio nazionale e 1 in Albania) sono “i manicomi del presente”. L’arcivescovo Lauro Tisi guarda “con preoccupazione a un progetto che rischia di compromettere il senso stesso dell’accoglienza”. Per la Diocesi i Cpr “non sono soluzioni ma luoghi di sofferenza che riducono l’essere umano a un problema amministrativo”. Del Coordinamento,costituitosi nel 2023, fanno parte 40 realtà sociali e politiche. Tra queste, in Trentino, l’Assemblea antirazzista, il Coordinamento studentesco, l’Anpi (anche dell’Alto Adige), le Donne per la pace, l’Associazione San Francesco Saverio, l’Associazione Oratorio Sant’Antonio. Per l’Alto Adige aderiscono, tra gli altri, Bozen solidale, Sos Bozen e Sciolilingua. Tra i partiti, Alleanza Verdi e Sinistra del Trentino, Sinistra die Linke e Rifondazione Comunista.
In un’ampia nota diffusa nelle scorse settimane, il Coordinamento sottolineava che “i Cpr sono luoghi di isolamento, violenza e tortura incompatibili con il rispetto minimo dei diritti umani. Anche nella nostra Regione, come in tutta Italia, la propaganda politica cerca di raccontare che questi centri “servono per la sicurezza” – proseguiva il documento – In realtà alimentano solo paura e razzismo mentre le politiche di esclusione e precarietà producono proprio quel disagio sociale che si finge di voler combattere. La sicurezza non può nascere dalla sofferenza di chi viene rinchiuso nei Cpr. Una società che accetta la violenza istituzionale smette di essere davvero sicura per chiunque”. Dalla protesta alla proposta: “Chiediamo il ripristino del sistema di accoglienza diffusa sul territorio e la chiusura di tutti i “Centri di detenzione amministrativa”, vogliamo l’abolizione della legge Bossi-Fini e richiediamo percorsi di regolarizzazione dei migranti garantendo i loro diritti e l’inclusione”.