COP30, i bambini chiedono futuro

Domenica 16 bambine e bambini hanno consegnato la Carta dell’infanzia alla presidenza della COP e al governo brasiliano. Foto © Alex Ferro / COP30

Belém, lunedì 17 novembre – Sono ripresi i negoziati della COP30 su adattamento, finanza climatica, transizione giusta e uscita dai combustibili fossili. È iniziata la settimana politica: dopo il lavoro dei negoziatori la palla passa ai ministri dell’ambiente dei 198 Paesi che riconoscono la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici.  Ma la giornata è stata anche dedicata ai diritti di bambini e giovani, tra i più colpiti dalla crisi climatica.

Quanto pesa la crisi sulle loro vite? Secondo Save the Children 136.000 bambini al giorno subiscono gli effetti di disastri climatici: alluvioni, siccità, incendi, ondate di calore. Le conseguenze sono pervasive: scuole chiuse o danneggiate, malnutrizione più diffusa, malattie respiratorie in aumento e intere comunità costrette a spostarsi. L’UNICEF parla di “infanzia cambiata dal clima”, esposta a stress termici estremi, scarsità idrica e rischi sanitari crescenti.

In questo contesto, la Cupola dei Popoli, l’evento parallelo organizzato dalla società civile mondiale in occasione della COP, ha accolto il “Grido dell’Infanzia”: a conclusione di un lungo lavoro collettivo, bambine e adolescenti hanno letto e consegnato alle autorità della COP30 la Carta dell’Infanzia, rappresentando 600 partecipanti provenienti da isole, periferie urbane, territori indigeni, quilombos e comunità ribeirinhas. Nella Carta chiedono protezione, aria respirabile, scuole ombreggiate, fiumi puliti: “Prendetevi cura del pianeta ora. Vogliamo continuare a vivere”.

Le loro richieste entrano in un dibattito negoziale ancora incerto. Le COP degli ultimi anni hanno registrato progressi lenti e frammentati; per questo il mondo dell’infanzia chiede che in tutti i testi negoziali compaia un riferimento chiaro ai diritti dei bambini. “Serve un linguaggio trasversale, coerente con la Convenzione ONU sull’infanzia, dalla transizione giusta all’adattamento”, afferma JP Amaral dell’Istituto Alana.

L’educazione è uno degli assi centrali: non solo come strumento di protezione, ma anche come leva democratica. Lo stesso messaggio della Santa Sede all’apertura della COP aveva sottolineato la necessità di promuovere un’“educazione all’ecologia integrale” e una conversione innanzitutto etica.

Il lavoro della Cupola dell’Infanzia e della presidenza brasiliana della COP dimostra come in Brasile la cultura della partecipazione sia radicata e coinvolga anche bambini e adolescenti — dai comitati locali alle assemblee territoriali, fino ai processi consultivi. Un modello che può ispirare anche i nostri territori. Ne è un esempio Viração&Jangada, associazione italo-brasiliana che lavora tra San Paolo e il Trentino attraverso l’educomunicazione e la pedagogia freireana. Le iniziative “La mia scuola alla COP30” (123 scuole coinvolte, 4.127 studenti di 79 città) e “Dal campus all’Amazzonia” (oltre 300 studenti di 43 università) hanno un obiettivo preciso: alfabetizzare al negoziato climatico e offrire strumenti per leggere in modo critico i grandi cambiamenti globali in corso. Il lavoro si basa sulla ricerca di linguaggi adatti a pubblici diversi e sul principio che siano i giovani stessi a produrre conoscenza e informazione per i propri coetanei.

La domanda resta aperta: la COP saprà tradurre questa voce collettiva in decisioni concrete? Se il futuro è l’infanzia, ascoltarla non è un gesto simbolico: è la condizione minima per qualsiasi politica climatica credibile.

vitaTrentina

Got Something To Say?

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Il periodo di verifica reCAPTCHA è scaduto. Ricaricare la pagina.

vitaTrentina