Da Rabbi a Roma a piedi per il giubileo del 1925, in un diario inedito l’avventuroso pellegrinaggio di Antonio Pedergnana

Il 24 dicembre 2024 Papa Francesco con l’apertura della Porta Santa a San Pietro dava il via, con un rito solenne ad un anno dedicato al perdono e alla misericordia divina. Iniziava il Giubileo ordinario 2025 che terminerà nell’Epifania del 2026. Anche nelle nostre vallate trentine sono state molte le iniziative promosse dalla Diocesi, dalle parrocchie associazioni, volontari, giovani e anziani. La Valle di Sole non è stata da meno e nel corso del 2025 sono stati in tanti che hanno raggiunto il Centro della cristianità per vivere i valori del Giubileo come il gruppo di ragazzi della catechesi della Bassa Val di Sole.

L’iniziativa, promossa dalla parrocchia di Caldes sotto la guida di don Renato Pellegrini, ha rappresentato non solo un’occasione di pellegrinaggio, ma anche un importante momento di coesione e crescita comunitaria. 

L’esperienza del gruppo della Val di Sole ci fa ritornare indietro di 100 anni quando le stesse sensazioni ed emozione le ha provate un contadino di settantatre anni che partito dalla Val di Rabbi a piedi e in pieno inverno raggiunse la Città eterna per il Giubileo. Era il 1925. A testimonianza di quel avventuroso viaggio, compiuto da Antonio Pedergnana “Tonet”, classe 1852 di Pracorno fraz.Cagliàri è rimasto un “diario” riportato da Don Martino Zorzi (curato di Magras dal 1923 al 1934 n.d.r.) e trasmesso attraverso lettera dallo stesso Pedergnana. 

Ecco il racconto di Don Martino Zorzi – trascritto dall’originale – riportato su un vecchio quaderno scolastico, e le testimonianze dello straordinario viaggio del Tonet, fatto di fede e di carità. 

Abbiamo letto sui giornali qualche caso sporadico di pellegrini, i quali dalle provincie dell’Italia Settentrionale o da altre regioni per lucrare la indulgenza giubilare si sobbarcarono alle difficoltà e ai disagi di un lungo viaggio compiuto sempre a piedi ma per quanto io sappia non credo che ciò sia avvenuto di pellegrini Trentini. 

Sapete chi ha avuto il coraggio e starei quasi per dire la temerarietà nella nostra Diocesi di Trento, di affidarsi unicamente alle proprie gambe per fare il lungo viaggio e per portarsi a Roma a ricevere la benedizione del Santo Padre? Antonio Pedergnana da Pracorno (classe 1853) che nella valletta e nei dintorni di Malè tutti conoscono. Il Tonet un vecchio arzillo di settantatre anni ma che nel tratto e nel parlare e nell’andatura non dimostra affatto le sue settantatre primavere. 

Buon camminatore pieno di spirito e di coraggio fece il proposito di recarsi a Roma a piedi per acquistare l’indulgenza del Giubileo; parlò con qualche amico nel tardo autunno del 1925, quasi tutti cercavano di dissuaderlo dal suo proposito che sembrava insano, ed impossibile da tradursi in realtà. 

Il viaggio era lungo faceva ormai freddo. L’inverno si avanzava a rapidi passi perché dunque affidarsi all’incerto, perché mettere in pericolo, data specialmente la sua salute e fors’anche la vita. Ma il Pedergnana fu irremovibile nella sua risoluzione. 

Faccio un sacrificio grande – mi diceva una settimana prima di partire – ma Iddio sta sopra di noi, gli ho domandata la grazia di vedere il Papa prima di morire se avrò questo favore sia ringraziato il Cielo: se non lo potrò avere sia fatta la volontà di Dio non si potrà andare a Roma da Papa anche se i denari son pochi. 

 

diario

Venero da me – prosegue Don Zorzi nella sua relazione – il 9 dicembre in pieno assetto di viaggio, era munito di un passaporto per l’interno, aveva una carta Geografica sulla quale aveva tracciato l’itinerario, una guida del Turing Club, bastone in mano mantello su di una spalla, sacco sulla schiena. Mi pregò di voler estendere due righe di comendatizia e io lo feci ben volentieri lo feci perché sapevo che il pellegrino avrebbe fatto il viaggio quasi interamente vivendo della pubblica carità, e chi sa mai? i casi sono tanti a questo mondo. Forse sarà creduto per pellegrino forse sarà ritenuto per impostore per scrocare o peggio, sarà guardato con una certa aria di diffidenza e poi cacciato dalla casa ove diede ospitalità; scrissi alcune righe e mi sembra di aver fatto veramente un opera di carità in cui dichiarava di conoscere il Pedergnana e sotto la mia responsabile personalità attestavo che il pellegrino Trentino munito di questo scritto era una galantuomo un buon cristiano e che del viaggio dalla Diocesi di Trento a Roma era unicamente accompagnato dalla buona intenzione, quindi pregavo che quelli a quali quello scritto veniva presentato non rifiutassero di dare un pezzo di pane, un giaciglio al pellegrino. Lo scritto munito di firma e di timbro fu consegnato al Pedergnana. Il giorno seguente 10 dicembre egli partiva a piedi alla volta della città eterna. 

Nei giorni seguenti – prosegue Don Zorzi – ebbi la lui qualche rara cartolina da varie località: Il giorno 25 Dicembre mandava una cartolina da Monte Varchi (Arezzo) nella quale annunziava la cordiale e fraterna ospitalità del Signor Pietro Girardi da Magras, residente in quella città. Poi silenzio. Finalmente ieri mi arrivò una lettera dal pellegrino trentino. E sarà bene ch’io la pubblichi trattandosi di un fatto unico che raro nella nostra Diocesi. 

Trascrivo quasi integralmente tralasciando qualche piccolo brano che non interessa i lettori coloro che conoscono il Pedergnana sanno ch’egli nel mettere pena in carta come esprimere a voce i propri pensieri non ha bisogno di avvocati. 

Ecco il testo della lettera di Antonio Pedergnana – riportata da Don Martino Zorzi. 

Molto reverendo Don Martino 21 gennaio 1926 

Non dubito questo che lei abbia ricevuto le mie cartoline in quella da Ortilia in data 15 del 12 per la fretta che aveva mi dimenticai persino di mettere la firma. 

Come narrarle le mie avventure tutto anche in mio favore tranne qualche minuscolo incidente che in ogni impresa per disposizione di Dio non può mai mancare trattandosi specialmente di un’opera buona. 

Le compendierò in poche parole le cose più essenziali però mi piace dirle fin d’ora che l’ottima sua raccomandazione che per sua bontà ebbe a farmi prima di partire, divenne l’arma più potente del pellegrino Trentino come l’angelo che accompagnava il giovane Tobia. 

Di modo per quanto bieco o diffidente fosse il sguardo degli ospitatori e anche oblatori di qualche cosa, visto quel documento di attestazione la burrasca si cambiava subito in bonaccia e la carità che chiedevo non mi è mai mancata. 

Arrivai in Arezzo la sera di Natale facendo 12 e 13 giorni primi anteriori sempre 40 chilometri al giorno e anche più. 

Ma li stanco e quasi sfinito accompagnato per 6 o 7 giorni da pioggia vento incessante specialmente nel passare gli appennini e mi pareva proprio che uno spirito di maga ne impedisce il passaggio al povero pellegrino. Prevedendo che assai difficilmente avrei raggiunto Roma in altri 5 o 6 giorni e avendo ivi udito che il Giubileo era stato promulgato per tutto il 1926 fuori Roma; rallentai il passo sembrandomi che la stanchezza forse avrebbe potuto vincermi completamente: e così presi la cosa con comodo e quasi con indifferenza tanto che feci l’ingresso nell’Eterna città solo gli 11 corrente, proprio nel giorno in cui arrivava la salma della defunta Regina Margarita e perciò potei assistere al mio arrivo quantunque fossi stanco al corteo che si formò per l’occasione. 

A Roma come lei sa mi attendevano parecchie benefiche persone tra le quali nomino la direzione dei padri Concettini in special modo Fratel Giuseppe Girardi di quella congregazione e le notificai i particolari più importanti del mio pedestre pellegrinaggio fatto, il resto poi spero che se Dio mi da la grazia glielo racconterò a lei vocalmente. 

Era ormai mia ultima intenzione di pensare ad una udienza Pontificia prima di tutto perché era arrivato in ritardo come le vergini stolte, e anche come pellegrino era solo e quindi non potevo avere ne pretese ne preferenze di sorta per essere ammesso alla udienza del Pontefice. 

Figurarsi un pellegrino che per acquistare le indulgenze del 1925 si presenta a Roma a meta 1926 che pretese può avere? 

Quindi ho detto tra me stesso: anche se per vedere il Papa ho fatto un sacrificio per il mio lungo viaggio ho creduto di fare un po’ di bene, questo Iddio saprà contarmelo il Giubileo del resto è esteso per tutto il 1926 e ne approfitterò fuori di Roma come fanno tutti gli altri. 

Avendo ormai rinunziato a vedere il Papa, il 13 corrente (13 gennaio 1926) ad ore 6 e 30, antimeridiane il Padre Generale dei Concetini per mezzo di Fratel Girardi mi manda a dire che alle 9 egli doveva recarsi in Vaticano che quindi se io avessi voluto accompagnarlo egli avrebbe perorato la mia causa. Già prima mi ero accorto che il Reverendissimo Padre aveva quasi un po’ d’ambizione e di entusiasmo nell’aver albergato il povero pedestre pellegrino della Diocesi del Romano S.Vigilio. 

 

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A questa proposta pensi lei caro Don Martino come son rimasto: restai un po’ sorpreso non volevo accettare a tutti i costi. Ma come potevo rifiutare, mi preparo alla meglio e via con lui in S.Pietro. Arrivati in Vaticano Monsignor Cacia Dominioni (Camillo Raffaele Caccia Dominioni (Milano, 7 febbraio 1877 – Roma, 12 novembre 1946) è stato un cardinale italiano n.d.r.), da cui dipende il permesso o il rifiuto delle udienze prima si mostrò assai titubante ma poi avendolo persuaso il Generale dei Concetini che io avevo le mie carte in regola mi invitò vicino ad un tavolo e volle vedere queste carte; pensi che avevo soltanto il passaporto per l’interno e la sua ottima raccomandazione. Monsignore le guarda e dopo guarda me e dopo essersi accertato che io aveva fatto il pellegrinaggio a piedi scrive la concessione dell’udienza per le 12.15; erano allora circa le 10 e 30.Il Padre Generale mi istruisce sul modo di comportarmi durante l’udienza e mi lascia. Stavo discretamente di salute, ero coraggioso come sempre ed ero anche vestito decentemente. Sua Santità venne circa le 13 e 15. (Pio XI nato Ambrogio Damiano Achille Ratti; Desio, 31 maggio 1857 – Città del Vaticano, 10 febbraio 1939) è stato il 259º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica dal 1922 alla sua morte n.d.r.) Mi sembra che eravamo in quella sala circa 200, naturalmente di pellegrini che andavano a Roma per l’anno Santo. Sono nell’ultima fila della seconda sala quando arriva il Papa, tutti fanno silenzio li baciano la mano e l’anelo senza parlare quando e davanti a me non potei tacere l’amore verso il Vicario di Gesù Cristo e insieme anche un po’ di ambizione di aver fatto un così lungo viaggio ricco di tante peripezie per vederlo e avere la sua benedizione, mi misero in bocca spontaneamente queste parole che li rivolsi dopo averli baciato l’anello.

Santità sono un pellegrino Trentino d’anni 73 credevo di poter arrivare entro il 1925 per le indulgenze giubilari ma il mio viaggio fu interrotto dal mal tempo e dalla stanchezza prego vostra Santità voler applicarmi le Indulgenze egualmente e di darmi la benedizione; non aveva ancora finito di parlare quando Monsignor Caccia Dominioni che precedeva sua santità nell’udienza e che s’era accorto meglio di me che io avevo omesso la principale circostanza cioè che avevo fatto tutto il viaggio a piedi fino a Roma partendo in pieno inverno da una valle alpestre della diocesi di Trento. Il Papa rivolto a me disse come si chiama e io li risposi dicendoli il mio nome ed il Pontefice riprese bravo bravo e dopo un istante, continuò quanti giorni ha impiegato da Trento a Roma a piedi e io risposi Santità ho impiegato un mese e un giorno, il Papa sorrise e poi aggiunse mostrandosi, certo certo anche per il 1926 valgono tutte le indulgenze del 1925 quindi benedice tutti e parti. Dopo pochi minuti stavano andarcene venne verso di noi un signore in livrea ricco di decorazioni, il quale mettendo una mano in alto domanda a alta voce, dove sia il pellegrino Trentino. Mi avanzo tra la folla e mi metto davanti a lui egli sorridendo e mettendomi una mano sul capo disse: Questo glielo manda a lei sua Santità, dette queste parole sparì. 

Mi trovai in mano un astuccio finissimo coll’attestazione del compiuto giubileo. Restai confuso, gli altri mi guardavano con un senso di invidia. Aperto l’astuccio vi trovai una grande medaglia con l’effigie del Pontefice da una parte e dall’altra parte colla rappresentazione della cerimonia dell’apertura della porta Santa. In una mano teneva l’astuccio e nell’altra la medaglia gli occhi si inumidirono e avendomi chiesto alcuni vicini il motivo di quella strana e unica preferenza, dopo passato il primo stupore dissi: ho 73 anni ho domandato molte volte a DIO LA GRAZIA DI VEDERE IL Papa e di aver la sua benedizione, ho fatto il pellegrinaggio dai monti coperti di neve del Trentino a Roma sempre a piedi vivendo di quello che la Provvidenza Divina mi mandava, mediante la carità dei buoni. Il giorno d’oggi la benedizione del Papa e questa medaglia mi hanno dimenticare stanchezza fatiche e disagi. Caro Don Martino lo crede lei che sono stato esaudito da Dio e che sono rimasto pienamente contento questo ho voluto scriverle. Tra qualche giorno parto per Pompei. Sempre a piedi s’intende il resto a voce. Suo devotissimo Antonio Pedergnana.” 

 

Don Martino Zorzi
Don Martino Zorzi

Don Martino invia poi il resoconto del viaggio di Pedergnana al Giornale Il Nuovo Trentino (diretto da Alcide De Gasperi) per la pubblicazione. 

“Pubblicando questa lettera – scrive Don Martino – che sarà certamente letta con interesse coloro che nel 1925 fecero il pellegrinaggio a Roma ma da tutti i lettori del Nuovo Trentino richiamo l’attenzione di tutti su questo uomo, bianco per antico pelo ma giovane nello spirito come uno di vent’anni in quale animato dallo spirito cristiano compì un’opera che assai difficilmente i giovani gagliardi e forti del giorno d’oggi avrebbero trovato la forza fisica e fors’anche più la forza morale di compiere. Un vecchio di settantatre anni che nel cuore dell’inverno tutto sfidando e vivendo di carità va da Rabbi a Roma a piedi è un esempio: la gioventù dovrebbe imparare da questo, ciò che significa sacrificio e che la volontà quando è vera volontà non conosce ostacoli”. 

Da questo diario, che mi è stato dato da un amico – diversi anni fa – emerge la bellezza e l’emozione del cammino di fede compiuto 100 anni fa e il legame speciale di amicizia ed affetto del pellegrino Antonio Pedergnana con il curato Don Martino Zorzi. 

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