Don Vincenzo, buon cammino a te…

L’ingresso di don Vincenzo Lupoli a Condino, otto anni fa. Foto Gabriele Beschi

Fin da bambino ho sempre pensato al prete come parroco; aver avuto la grazia di poter esercitare come tale in questi otto anni è un dono grande. La vita del parroco è molto legata alla gente, qualcosa che per me è sempre stato importante: non sono infatti diventato prete per me ma per gli altri”. Così don Vincenzo Lupoli commenta il suo operato nelle Unità Pastorali “Sacra Famiglia” e “Madonna delle Grazie” che ha salutato ufficialmente domenica 19 settembre.

“C’è confusione di sentimenti in me; da un lato sono contento perché vedo una manifestazione di affetto enorme e quindi sento forte questa fatica del distacco ma allo stesso tempo sento l’attesa verso il nuovo impegno che certamente è un’avventura nuova a servizio della Chiesa”. È quindi più difficile lasciare o iniziare? “È una bella domanda. Penso che la vita si gioca proprio dentro queste due parole: la fatica di lasciare e la fatica di iniziare; è in questo equilibrio che si gioca la partita della vita, le tue scelte, il tuo essere. Chiaramente in questo momento è qualcosa di grande per me, però ogni momento è così”, spiega don Vincenzo.

Parte la nuova Casa Vocazionale, ad animarla don Vincenzo Lupoli

Nel suo nuovo ruolo, ammette, probabilmente gli mancheranno la facilità dei rapporti, delle relazioni, l’essere sempre coinvolto nella vita delle famiglie. Pensiamo ai sacramenti, tutti momenti dove il parroco fa parte della vita delle famiglie, con e tra il popolo. E così avrà anche nostalgia delle belle chiese piene di storia e di devozione delle comunità da lui finora guidate. “Questa è una valle…di chiese! Sono tanti questi luoghi significativi, belli, carichi di arte; un po’ verranno a mancare”, racconta l’ormai ex parroco. “Venendo qui ho trovato certamente la tradizione, la famosa religiosità popolare, che però è da riscoprire. È la fede di un popolo e dà un’identità in cui riconoscersi. Ma dentro questa religiosità e devozione ho sempre sentito il grido di vita, la voglia che le parole, la predicazione, il Vangelo stesso arrivassero al cuore. Se da un lato c’è questo legame forte con la tradizione, dall’altro c’è anche grande voglia di una fede che parli alla vita concreta, all’umanità delle persone”.

Qui in valle del Chiese, spiega ancora don Vincenzo Lupoli, comunità civile e comunità cristiana in tanti momenti non sono distinguibili, ma come sovrapposte. Così è nei momenti delle feste, delle ricorrenze e anche nei momenti di lutto. “Quando una persona lascia questa vita, tutti si sentono coinvolti e chiamati”. Rapporti stretti, sottolinea ancora, ricorrono anche con le realtà esterne al mondo della comunità cristiana come le associazioni, dove dice di aver sempre trovato simpatica accoglienza, accoglienza che ha cercato di custodire provando ad essere un facilitatore di vita comunitaria.

Don VIncenzo Lupoli guiderà la nuova Casa Vocazionale di viale Verona

Tutto a posto quindi? Quasi, sembra rispondere don Vincenzo: “Credo che le nostre comunità per avere una marcia in più dovrebbero scegliere di organizzarsi non attorno alla figura del prete, che oggi c’è e domani non si sa, ma alla comunità stessa, che deve provare ad esser protagonista anche nella vita di fede. Tutti devono sentirsi coinvolti verso la ricerca di un bene”.

Un rincrescimento che ha è forse di non aver risposto appieno all’attesa nei suoi confronti di creare qualcosa appositamente per i giovani, ché in verità il suo ministero si è concentrato di più sulla riorganizzazione del sistema e interventi di restauro di chiese e altre strutture, ma questo era proprio ciò che la comunità chiedeva. Comunque, confida don Vincenzo Lupoli, “In tutto ciò mi sono sempre sentito voluto bene dai giovani; le prove sono non tanto il venire in chiesa o no, ma nella bellezza di certe relazioni, nel desiderio di salutarsi quando ci si incontrava, di fare due parole o inviarsi qualche messaggio indipendentemente dalla pratica religiosa”.

Un ultimo saluto? “Vado via contento di ciò che è stata la mia esperienza e sono molto convinto che questi otto anni saranno uno dei ricordi più belli della mia vita perché qui mi sono sentito veramente figlio amato e voluto bene, fratello, perciò accompagnato, e padre, quindi guida che incoraggia e qualche volta richiama. Secondo me non c’è niente di più bello al mondo che trovarsi in una situazione dove accade questo, ricevendo l’affetto che ho ricevuto. Alla fine l’ultima parola è grazie di cuore a tutti”.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina