La salvezza di Dio ci raggiunge nella storia

“Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, la parola di Dio venne su Giovanni” (Lc. 3,1-2). Illustrazione di Fabio Vettori

È sorprendente constatare come l’evangelista Luca sia un ricercatore minuzioso di testimoni, di luoghi, di indicazioni storiche. L’inizio del capitolo terzo del suo vangelo, quello che leggiamo questa domenica, presenta le coordinate storico-geografiche all’interno delle quali si colloca la predicazione di Giovanni Battista. Luca non si accontenta di dare indicazioni generiche ma annota una serie di nomi che permettano al lettore di rendersi conto del momento e del luogo preciso in cui inizia la predicazione del Battista (si leggano i primi due versetti del capitolo per rendersene conto di persona).

Luca sottolinea con altrettanta precisione che l’iniziativa è di Dio, è la Parola di Dio a discendere su Giovanni, nel modo in cui investiva i profeti dell’Antico Testamento e li spingeva a predicare a gente che viveva in un luogo concreto, in un tempo preciso, in una situazione particolare. Su questa dinamica profetica occorre riflettere: la salvezza di Dio ci raggiunge nella storia, Dio si prende cura di noi oggi, lì dove viviamo. In questo modo “ogni uomo vedrà la salvezza di Dio” (Lc 3,6).

Data questa premessa entriamo anche nel merito dei contenuti delle letture di questa domenica. La predicazione del Battista, finalizzata a preparare il popolo d’Israele ad accogliere il Cristo, ha per tema centrale quello della conversione. L’incontro col Signore va preparato. Non si improvvisa né l’incontro con lui nella storia, né l’incontro con lui nella liturgia, né l’incontro personale con lui al momento della nostra morte, né l’incontro finale con lui al momento del suo ritorno. Convertirsi, di fatto, vuol dire prepararsi a questo incontro.

L’incontro col Signore porta poi ad un rinnovamento profondo della nostra vita. Il profeta Baruc ci invita a rivestirci della gloria che ci viene da Dio per sempre (cfr. prima lettura). Questo ci ricorda ancora una volta che la salvezza è una realtà operata da Dio prima che da noi. Ovviamente anche noi siamo chiamati a fare la nostra parte, altrimenti non avrebbe alcun senso parlare di conversione e di cooperazione al dono ricevuto. Sulla stessa linea si colloca la lettera ai Filippesi: “Colui che ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù” (Fil 1,6).

A scanso di equivoci: siamo chiamati a preparare il nostro incontro col Signore ma non siamo noi a salvarci, è sempre e comunque Dio a salvarci. Tutto ciò vale sia a livello personale che a livello comunitario. La domanda necessaria è: cosa sono chiamato a fare per preparare questo incontro? Cosa devo cambiare in termini di mentalità, di atteggiamenti, di scelte? Cosa devo raddrizzare? Cosa devo spianare? Cosa devo colmare per permettere a Dio di raggiungermi, rinnovarmi e salvarmi?

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