Insieme, su quali strade?

SOMMARIO: A partire dalle Unità pastorali, confronto costruttivo sulla futura organizzazione territoriale delle comunità cristiane. Si è votato per la permanenza dei “comitati” parrocchiali e sulle celebrazione domenicali senza prete: saranno autorizzate solo dal Vescovo. La soddisfazione di Bressan: “Un momento di vera Chiesa. E una formula da riproporre”

“Siamo qui per dire, non per ascoltare soluzioni”. L'invito del cancelliere diocesano don Alessandro Aste, membro del comitato preparatore dell'Assemblea sinodale (con lui Cecilia Niccolini, don Roberto Ghetta e don Claudio Ferrari) non cade nel vuoto: le due mezze giornate a carattere straordinario convocate venerdì 21 e sabato 22 novembre al Centro Mariapoli di Cadine, sul tema delle Unità pastorali (Up), non mancano certo di spunti: cinque sessioni di lavoro con centotrentuno interventi. Un patrimonio di riflessione spontanea, frutto del clima fraterno quanto schietto creatosi nell'anfiteatro a due passi dal capoluogo. Vescovo e vicario restano in platea, saliranno solo alla fine per esprimere le loro sensazioni a caldo, non per tirare le fila: a quello penserà un documento vergato da Bressan, annunciato per il 28 febbraio, terza e ultima giornata sinodale.

La cornice

Il confronto a porte chiuse tra gli 83 membri dell'Assemblea (Consiglio presbiterale, Consiglio pastorale diocesano e alcuni invitati per l’occasione per un totale di 37 preti, 8 religiosi, 1 diacono e 37 laici tra cui 15 donne) dà per acquisito un panorama con sacerdoti e religiosi in costante calo e una diminuzione della fede praticata in comunità. Elementi non necessariamente negativi, ma di fatto all'origine del destino di più parrocchie guidate da un unico prete e sempre più raccolte in Unità pastorali: trenta quelle sorte in Diocesi negli ultimi dieci anni. Rimane questa la formula più efficace anche in prospettiva, o sono solo il momento di passaggio verso altre forme di presenza cristiana? L'interrogativo di apertura dei lavori non trova, comprensibilmente, risposte definitive. Apre piuttosto a stimoli più profondi e più ampi, fin dal primo giro di interventi. Uno dei preti rompe il ghiaccio, citando il Vaticano II: “Dobbiamo provare a pensare in grande: noi presbiteri per primi, anche se siamo ormai pochi. Abbiamo formato molti laici: diamo loro il giusto spazio con una nuova ministerialità. Per essere popolo di Dio a servizio dell'uomo d'oggi”.

Il microfono passa di mano in mano, con il rigoroso vincolo dei tre minuti a intervento: “Molta nostra gente – fa presente uno dei parroci da poco alla guida di una nuova comunità – è disposta a credere in Dio, ma la Chiesa non è credibile. Torniamo a chiederci: cos'è la Chiesa per me? Se è il luogo della fede, gli aspetti organizzativi vengono dopo”. Il confratello, pochi posti più in là, raccoglie il testimone: “Chi genera la fede è solo Dio, non dimentichiamolo”. E il “don” in prima fila integra: ”Le strutture certo non generano la fede. Essa vive in una fraternità di persone credenti e contente del loro Gesù”.

Le votazioni

Fraternità, ma da costruire a quale livello?, è la domanda del documento preparatorio dell'Assemblea. “La parrocchia resta fondamentale, è ancora l'ambito vitale per le relazioni”, si appassiona più di un laico. Un religioso (“spesso ci sentiamo poco considerati”) fa da spalla: “Le relazioni fraterne si creano nelle piccole realtà”. In questa direzione va anche il voto, pressoché unanime, dell'Assemblea, chiamata ad esprimere un orientamento sulla costituzione di “comitati parrocchiali”, elemento base del Consiglio dell'Unità pastorale. Comitati sì, anche se il nome per i più non s'addice al contesto ecclesiale. “Importante precisare: i membri siano eletti dalla comunità”, è il parere diffuso. L’Assemblea sinodale indica, dunque, in linea generale, la volontà di mantenere vivo, laddove possibile, un “presidio” parrocchiale. Senza però soprassedere sul triste dato, ricordato più volte negli interventi di chi ha maturato più esperienza nelle Up, del costante calo delle offerte che mette ormai a rischio il sostentamento economico delle strutture parrocchiali nelle realtà meno dimensionate.

Altro tema che appassiona: la gestione delle “cap” celebrazioni domenicali in assenza di presbitero (regolate da un Direttorio vaticano del 1988). Con un parroco necessariamente “itinerante”, c’è chi ritiene, ad esempio, valore aggiunto la mobilità dei fedeli per la messa festiva. “Questo essere cristiani a loro volta itineranti – dice uno dei parroci di Up – possiamo leggerlo come nuovo modo di fare comunità”. “Credo invece importante – replica con passione un parroco cittadino – che rimanga, anche nelle realtà più piccole, una celebrazione domenicale”. Ovviamente, in assenza di prete non vi può essere celebrazione eucaristica, ma ad esempio una liturgia della Parola gestita anche da laici adeguatamente formati. Inequivocabile l’esito del voto in Assemblea: spetterà al vescovo valutare e autorizzare ogni singolo caso.

Le prospettive

Nel complesso, l'esperienza delle Up già consolidate mostra più luci che ombre. A patto che la parola d'ordine resti “flessibilità”, come annunciava in premessa anche il vicario monsignor Tisi dalle pagine di VT (apprezzato l'inserto speciale dell'ultimo numero del settimanale, distribuito a tutti i sinodali) e come auspica all'unisono l'Assemblea: “Non si calino dall'alto regole valide per tutti. Il panorama trentino è troppo diversificato”.

“Un confronto di grande realismo” ha commentato il vicario generale della Diocesi monsignor Lauro Tisi che in questi anni si è speso molto per la costituzione delle Unità pastorali. “Prendo atto – ha aggiunto con obiettività – che sul tema delle 'cap' l'Assemblea ha espresso un orientamento diverso dal mio pensiero”. L'arcivescovo Bressan non emette sentenze: “Non sappiamo oggi in quale direzione potranno evolvere le Up e la presenza dei cristiani sul territorio trentino, ma abbiamo grande fiducia: è il Signore Gesù che ci chiama ad annunciare il Vangelo con spirito missionario. E anche chi si dice non credente porta spesso in sé grandi valori”. Quanto alla formula sinodale, il pastore non ha dubbi: ”Molto soddisfatto, esperienza inedita da ripetere su singoli temi. Abbiamo dato prova di una Chiesa viva”.

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