Osservanti o credenti?

Il pellegrinaggio spirituale che Papa Francesco ci ha invitato a percorrere, chiede di ripensare i significati della propria vita di fede

Al termine di questo cammino quaresimale ci attende il mistero della Pasqua. Il pellegrinaggio spirituale, che Papa Francesco ci ha invitato a percorrere, ci chiede di ripensare i significati della nostra vita di fede.

Nel Vangelo di questa III domenica di Quaresima Gesù ha parole forti per gli ebrei osservanti della legge e del tempio: “Distruggete questo tempio e io lo farò risorgere in tre giorni”. E il fraintendimento è inevitabile, poiché gli interlocutori di Gesù sono ingabbiati dentro una serie di precetti, di norme e di strutture di pensiero che non permettono di andare oltre i luoghi comuni di intendere la fede. Rimangono spiazzati. Come noi rimaniamo spiazzati di fronte al martirio dei 21 cristiani copti per mani dell’Isis: tutti siamo d’accordo che l’atto islamico è tutto meno che un atto di fede.

Quanti di noi “buoni” cristiani pensano in primo luogo la fede come relazione? È più facile pensare al modo di praticare la fede, che ricordarsi come l’ingrediente principale della propria fede e della fede della Chiesa sia proprio l’Amore di Dio. A questo proposito saltano alla mente le parole di sant’Agostino che nelle “Confessioni” scrive: “Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. (…) Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace”. E ancora san Francesco nel suo testamento: “Il Signore dette a me, frate Francesco, di incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi, e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da loro, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di animo e di corpo. E in seguito, stetti un poco e uscii dal secolo.”

Quanto pesano nella propria esistenza le pagine di sofferenza e di confusione? Eppure diventano i momenti nei quali fare esperienza del Signore Crocifisso e Risorto. Proprio nei momenti, in cui sembra che tutto sia un fallimento e senza soluzione, l’uomo diventa consapevole che la propria risurrezione passa nell’incontro di una mano più forte in cui confidare. Dove la ragione si ferma, il cuore si affida al mistero che lo circonda, sapendo che non ha nulla da perdere. Questa esperienza fa nascere in noi l’esigenza del fidarsi e dell’affidarsi al mistero di Dio. Il Crocifisso diventa il termine di paragone necessario per comprendere l’ampiezza, la profondità e la forza che nasce da un amore che è libero da ogni condizionamento. Proprio come nella vita di una donna, che sente in sé il desiderio di diventare mamma, e per questo è pronta a rinunciare a una vita libera da ogni legame per mettere al centro di tutto il bene più prezioso: il proprio figlio e la sua famiglia.

Come ci ricorda il nostro vescovo nel suo messaggio, è nel vivere la concretezza della vita che nasce l’urgenza del rinnovamento del cuore. Siamo chiamati ad accogliere nella verità e nella sincerità il nostro cammino esistenziale, rinnovando la nostra professione di fede in Gesù Risorto che è “la Verità che ci fa liberi”. Dentro di noi ci sono domande profonde di senso – forse troppo grandi per trovare una semplice e immediata risposta – e queste tengono in piedi tutta la vita, perché continuano a spronarci ad accogliere il mistero della vita. Sono queste che ci ricordano che la vita è un continuo atto di fede nel Signore che ha in mano le sorti del mondo. Durante questa settimana lasciamoci spronare dalle parole di Papa Francesco che ci ha invitati a riscoprire il valore e la forza delle lacrime: “Cari fratelli e sorelle, il Signore non si stanca mai di avere misericordia di noi, e vuole offrirci ancora una volta il suo perdono – tutti ne abbiamo bisogno -, invitandoci a tornare a Lui con un cuore nuovo, purificato dal male, purificato dalle lacrime, per prendere parte alla sua gioia. Come accogliere questo invito? Ce lo suggerisce san Paolo: «Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor5,20). Questo sforzo di conversione non è soltanto un’opera umana, è lasciarsi riconciliare da Dio”. Quale il centro della nostra fede? Noi stessi e le nostre pratiche o Gesù Crocifisso e Risorto? Qui c’è la differenza abissale tra essere osservanti della legge o credenti nel Signore.

don Nicola Belli

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