C’è sincerità nelle “Belve”. Interviste spontanee, purtroppo a sera tarda

L’empatica conduttrice Francesca Fagnani (a destra) con una sua ospite. “Belve”, Raidue, venerdì, ore 22.45

“Belve” è un ottimo programma curato e condotto da Francesca Fagnani in onda su Raidue alle 22.45 nella serata di venerdì. Sono due interviste a puntata, incentrate su quei personaggi forti e decisi, belve appunto, che puntellano il mondo dello spettacolo, della musica, del giornalismo, del cinema. A raccontarsi sono soprattutto donne, ma nella storia della trasmissione non sono mancati anche alcuni uomini. Sono dialoghi onesti, schietti, sinceri: pochi fronzoli, la conduttrice non si perde in melensaggini retoriche, arrivando a toccare anche i punti più spinosi delle sue interlocutrici, che accettano volentieri di raccontarsi e aprirsi.

Il bello è proprio questo: la sincerità con cui le protagoniste decidono di aprirsi, anche su argomenti scomodi o quei tabù che spesso ruotano attorno alle loro vite. Così si confidano segreti e così l’intervista diventa ricca e appagante. Fagnani è garbata ma decisa, e i suoi sguardi e ammiccamenti sono le reazioni che il pubblico da casa ha di fronte a quanto viene esposto.

Intervistare non è mai semplice. Il rischio di cadere nell’ipocrisia, nell’accondiscendenza pelosa verso soggetti intoccabili rende spesso il concetto dell’intervista come un atto sacro teso a rendere mitico il personaggio che l’obiettivo della telecamera decide di inquadrare. Succede anche nei salotti più famosi, e spesso con i conduttori che hanno più risalto, come per esempio con Fabio Fazio in “Che tempo che fa”, dove non sempre si cede al piacere di un dialogo onesto, ma si preferisce attestarsi in quella zona di confort tanto sicura quanto poco appetente, in cui tanto si fa, ma poco si è.

Fagnani, al contrario, non teme di chiedere, di approfondire, di andare al di là del personaggio e di affrontare, invece, la persona. È questo, in fondo, ciò che lo spettatore desidera di fronte a un botta e risposta: verità.

Cosa ce ne facciamo delle sagome patinate da copertina? Siamo già abituati pure al pathos costruito a tavolino che mischia sofferenza e commozione tipiche altresì di altre emittenti. È la spontaneità a caratterizzare. I difetti. Le gaffe. Il rifiuto di rispondere a una domanda troppo personale. Le dichiarazioni odiose di Donatella Rettore che si sente castrata nella sua concezione di “politicamente corretto”, la franchezza di Paola Barale che ammette di sentirsi addosso tutti gli anni che porta, le battute caciarone di Ilary Blasi che parla di Totti, e così via.

Così, “Belve” si conferma come un piccolo gioiello della produzione generalista, che meriterebbe più spazio e più visibilità, oltre che riflettori più luminosi rispetto al buio della seconda serata.

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