“È l’unica cosa di cui abbiamo veramente bisogno”

Enzo Bianchi parla della misericordia attingendo ad un padre della Chiesa. Sul legame con Trento e la sua vocazione di “ponte”

Fratel Enzo, la vostra comunità da molti anni è legata a Trento. Cosa “vede” nella nostra Chiesa e nella sua ecumenica vocazione di frontiera?

Sì, la nostra comunità e io in particolare siamo molto legati alla Chiesa di Trento. Già agli inizi della comunità il vescovo Alessandro Maria Gottardi e poi Giovanni Maria Sartori mi chiamavano spesso a Trento sia per predicare i ritiri dei presbiteri sia per tenere interventi su temi biblici ed ecumenici al Centro Bernardo Clesio dove don Silvio Franch, cristiano e prete singolare, mi dava ospitalità. Non credo di aver predicato tanto in altri luoghi come ho fatto a Trento negli anni Settanta e Ottanta. Ho conosciuto sia preti e teologi di grande levatura sia laici molto preparati. Anche i gesuiti mi chiamavano e con loro ci fu una grande amicizia. Certo, la Chiesa di Trento nella sua collocazione di frontiera tra l’area latina e quella germanica ha avuto fin dal Concilio di Trento una vocazione di “ponte”, particolarmente ecumenica; e di saper vivere l’ecumenismo ha dato più volte testimonianza.

Aprendo pochi giorni fa il convegno internazionale a Bose, Lei ha detto che “la misericordia ci scandalizza”: ci spiega brevemente perché?

La misericordia di Gesù, dobbiamo confessarlo, è la causa del suo rigetto da parte degli uomini religiosi e delle autorità sacerdotali di Gerusalemme. Gesù non scandalizza per il suo messaggio sull’amore di Dio e del prossimo, né per le sue azioni di liberazione dal male quando incontrava malati e poveri; ma scandalizzava il suo stare a tavola con dei peccatori, il suo frequentare donne notoriamente peccatrici, il suo amore viscerale che lo portava a discernere nelle persone prima la sofferenza, e solo dopo il peccato. Le sue parabole sulla misericordia, poi, facevano esclamare agli uditori: “Così è troppo!… Dove va a finire la giustizia?”. Sono i vangeli a dirci che l’opposizione di Gesù era destata da questa narrazione di un Dio sempre misericordioso, un Dio che perdona e vuole la vita, non la morte del peccatore. E diciamo la verità: anche noi siamo scandalizzati dalla pratica di misericordia di Gesù.

Nell'occasione del convegno Lei ha citato Camus, secondo il quale è durato ben poco il tempo in cui nell’umanità si è parlato di misericordia e di perdono: qual è la condizione perché si torni a parlarne e soprattutto a vivere la misericordia.

Ho citato Camus per far parlare un non credente nel Dio cristiano ma che aveva nostalgia di un Dio misericordioso. Camus scriveva che questo Dio era apparso con Gesù, ma dopo la sua morte era come scomparso perché molti tra i suoi seguaci non han saputo nella storia essere misericordiosi come il loro maestro.

Un Anno pastorale all’insegna della misericordia: cosa non potrà mancare nel nostro cammino?

Papa Francesco ha voluto un Anno della misericordia per tutta la Chiesa, ma questo in continuità con papa Giovanni XXIII, il quale all’inizio del Concilio Vaticano II diceva che la Chiesa preferisce oggi la medicina della misericordia piuttosto della condanna; e in continuità con gli ultimi papi che più volte hanno detto che il Concilio chiedeva alla Chiesa di esercitare la misericordia, di viverla, di fare misericordia sempre, senza se e senza ma… È importante che quest’anno in modo speciale contempliamo la misericordia di Dio, che attingiamo a questa misericordia che Dio ci offre e la Chiesa ci dispensa. “L’unica cosa di cui abbiamo veramente bisogno è la misericordia del Signore”, diceva un padre del deserto.

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