Lavoro che si trasforma, lavoro che sparisce

Forse non è proprio una novità, ma per molti è sicuramente una sorpresa: entrare in un autogrill o in altri ristoranti self service e trovarsi di fronte a colonne con un grande schermo. Il loro richiamo è efficace perché – è scritto a caratteri ben evidenti – ti offrono la possibilità di evitare la coda e di avere il dieci per cento di sconto.

Sono i “nuovi camerieri” che ricevono gli ordini e fanno pure cassa perché anche il pagamento avviene attraverso l’apparecchiatura.

Tutto è molto semplice, “a prova di stupido”, come dicono gli informatici. A cominciare dalla lingua che si può scegliere cliccando la bandierina: italiano, inglese, tedesco, spagnolo. Dove lo trovi un cameriere poliglotta?

Scelta la lingua, si apre la seconda schermata. Per ogni categoria c’è un’immagine: caffetteria, bevande, panini, pizze, dolci.
Vuoi il caffè? Tocchi lo schermo ed ecco tutte le opzioni: caffè espresso, caffè macchiato, caffè americano, caffè marocchino, decaffeinato. Ma anche tutte le varietà del cappuccino o del caffè d’orzo. Ogni possibile opzione è ovviamente ben raffigurata da una foto.

Medesimo ventaglio di immagini per chi desidera un trancio di pizza (e qui le foto sono utili soprattutto per chi – straniero – non dovesse conoscere il nome delle diverse opzioni): margherita, salamino, verdure, bufala. Si sceglie ciò che si desidera e lo si aggiunge al “carrello”, la lista delle cose ordinate.

Tutto appare sullo schermo, caratteri grandi, a prova di miope. Con la possibilità di tornare indietro e di cambiare la richiesta.

Alla fine, arriva la distinta delle cose prescelte (per poter controllare) e il prezzo totale che puoi saldare appoggiando, in basso, il chip della carta sull’apposito ricevitore.

Non rimane che andare al banco: niente assembramenti perché si viene chiamati in base al numero che appare sulla ricevuta.

Tutto rapido, tutto semplice. Chissà quanti camerieri servirebbero per garantire un servizio del genere. In effetti, dando un’occhiata in giro, il personale è assai ridotto. Il manager della compagnia avrà già fatto i conti: maggiore efficienza e minori costi.

L’innovazione tecnologica apre nuove strade e poco importa se centinaia di lavoratori ci restano, per strada. Inutile stupirsi: Amazon ci ha insegnato che gli acquisti si fanno seduti in poltrona e con lo smartphone in mano.

Decine di furgoni bianchi continuano a girare nei nostri quartieri per consegnare pacchi che portano ogni cosa a domicilio entro le 24 ore (o poco più). Ragazzi che si muovono con Google Maps perché non conoscono la strada e talvolta non conoscono nemmeno la lingua per chiedere informazioni. Controllati “da remoto” perché ogni consegna viene registrata, così come il tempo impiegato. Tutto viene verificato e considerato anche per il carico di lavoro del giorno dopo. Ultimo anello umano di una catena altrimenti tutta informatizzata.

In Inghilterra, nel 1779, agli esordi della rivoluzione industriale, un operaio, Ned Ludd, distrusse il nuovo telaio che era stato istallato per cambiare radicalmente i processi produttivi. Secondo lui, avrebbe portato disoccupazione e bassi salari. Non aveva tutti i torti. Il movimento che voleva fermare il vento dell’innovazione meccanica prese il suo nome – luddismo – e passò alla storia per aver inutilmente cercato di fermare ciò che non poteva essere fermato. Ma la sconfitta dei luddisti dell’Ottocento non risolse la questione vera: quella del rapporto tra lavoro (che si trasforma o addirittura sparisce) e produzione. Questione di grande attualità anche 250 anni dopo.

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