“Hill of Vision”, il bambino di strada che ha vinto il Premio Nobel

Una scena del film “Hill of Vision”

Giovedì 16 giugno è uscito in sala il nuovo lavoro di Roberto Faenza dal titolo Hill of Vision. Il film racconta la storia incredibile ma vera di Mario Capecchi da bambino di strada, durante la guerra, a premio Nobel per la medicina nel 2007.

La storia inizia a Bolzano nel 1941, dove il bambino a 4 anni assiste all’arresto della madre Lucy Ramberg, poetessa americana e attivista politica antifascista, da parte della Gestapo che la deporta a Dachau.

Il bambino si ritrova solo – il padre è in Africa a combattere sul fronte italiano, la famiglia che lo ha in consegna lo scarica per paura. Insieme ad altri due bambini, vagherà in Valle dell’Adige, fra Rovereto, Mezzocorona e Salorno, ospite di parrocchie e di contadini, finché nel ‘44, a 7 anni, raggiunge Bologna su di un camion e lì finisce in un orfanotrofio.

A fine guerra la madre, miracolosamente sopravvissuta al lager, lo cerca e lo trova, ammalato di tifo, nell’ospedale di Reggio Emilia.

I due riescono infine a raggiungere gli Stati Uniti dove il fratello della madre vive nella comunità quacchera di Bryn Gweled – Hill of Vision. Anche qui la vita non sarà facile per il bambino analfabeta e quasi selvaggio, ma grazie all’amore della madre e della zia, da un lato, e grazie allo zio scienziato, scoprirà finalmente la propria strada…

Sembra una fiaba ma è realtà, che semmai conferma il valore e l’importanza delle fiabe, quello di prestare un linguaggio all’anima per potersi esprimere e ricordare all’uomo che anche nelle situazioni peggiori, dentro di sé può trovare risorse sufficienti per affrontare la sventura e non soccombere. Se poi c’è la cura amorevole, la persona riuscirà a diventare ciò che ha la possibilità di essere o, con altro linguaggio, ciò che è chiamato ad essere. Lo afferma la psicologia umanistica, ma è storia antica.

Al piccolo Mario lo ricorda il prete dell’orfanotrofio: “Tutti possiamo salvarci”. Una lezione di speranza e di resilienza per il nostro tempo.

Diretto da Roberto Faenza (Jona che visse nella balena, Alla luce del sole, Prendimi l’anima, per ricordare alcuni dei suoi toccanti ritratti biografici) il film è stato girato interamente in Alto Adige durante la pandemia (anche nella parte “americana”), con il sostegno della Film Commission sudtirolese.

Attualmente in proiezione al Cineplexx di Bolzano, si spera di vederlo presto anche nei cinema trentini. È un lavoro che merita tenere presente per le programmazioni estive.

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