“Ha sempre amato l’uscire dal palazzo…”

Da Gerusalemme il primo collaboratore racconta: “Cercava il contatto diretto con la gente, senza barriere”

“Quel giorno dell'ingresso a Trento, il 30 maggio 1999, fu un'esperienza unica, ho ricordi ancora molto nitidi. Andai ad accogliere mons. Bressan a Costermano, dov'era in ritiro da alcuni giorni, poi lo accompagnai in Cattedrale… ad attenderlo c'era una folla numerosa davvero”.

Il racconto è del primo segretario di Bressan, don Corrado Prandi, che abbiamo raggiunto nel suo ritiro sabbatico a Gerusalemme e che ricorda volentieri quella fiducia reciproca cresciuta via via fin dalle prime settimane: “Abbiamo dovuto ‘imparare insieme’ un ‘lavoro’ che era nuovo per entrambi. Un affiatamento molto positivo”.

Come visse quei primi anni il nuovo vescovo?

Con l'intento di conoscere la comunità diocesana ed entrare in contatto con tante persone e realtà.

Seguendolo per l'intera giornata, quali qualità o attitudini coglieva?

Due caratteristiche mi hanno sempre colpito di mons. Bressan: innanzitutto, la sua voglia di stare in mezzo alla gente e di avere un contatto diretto, senza barriere. Un aspetto da ricondurre credo al suo background da Nunzio. In secondo luogo, era inesauribile, nel senso che, pur avendo parecchi impegni in una giornata, bastavano pochi minuti di riposo in macchina, nello spostamento fra un luogo e un altro, ed era fresco e oso dire “pimpante” per una nuova celebrazione o per un dibattito. Ne rimanevo stupito ogni volta!

Quali momenti prediligeva e quali invece affrontava con maggior fatica?

Difficile da dirsi, perché è sempre stato molto consapevole del suo ruolo e dei suoi doveri. Come ho detto, amava “l’uscire dal palazzo” e poter vivere il contatto con le persone, le varie realtà della diocesi e anche i vari incarichi affidatigli dalla Conferenza Episcopale Italiana.

Un episodio particolare, per dire lo stile Bressan?

Mi viene in mente il giorno in cui l’allora sindaco Pacher invitò il vescovo in Municipio e venne personalmente a prenderlo in Piazza Fiera. Decisero di fare a piedi il percorso senza troppi convenevoli, così da poter fare due chiacchiere insieme. Mons. Bressan non è mai stato un uomo amante dei cerimoniali o delle distanze. Anche per questo è sempre stato stimato da tutti.

Lei ha poi reincontrato il pastore diocesano da parroco di San Pietro. Lo ha visto cambiato?

Sicuramente, l'esperienza accumulata col tempo lo ha segnato e aiutato a vivere in modo più completo il suo essere vescovo di Trento. Ho apprezzato queste sfumature, che forse a prima vista non si notavano.

Cosa gli augura nella nuova condizione di Arcivescovo emerito?

Negli ultimi tempi mi dava l’idea che aspettasse volentieri il momento di potersi ritirare e dedicarsi alla sua passione che sono i libri e la ricerca. Auguro che finalmente possa trovare il tempo per i progetti, che ha accumulato nei cassetti. Da quel che ricordo sono belli pieni.

Ultima domanda: da Gerusalemme cosa augura al vescovo Tisi, che ha celebrato spesso con lei in San Pietro da vicario?

Una persona, che conosce cosa vuol dire “fare” il vescovo, sa che oggi ci vogliono coraggio e forza per accettare e svolgere questo servizio. Auguro a don Lauro proprio questi due doni dello Spirito Santo per essere un buon vescovo.

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