“Sporcarsi le mani in prima persona”

Riportiamo integralmente la seconda parte dell'omelia di mons. Tisi.

Nella comunità ecclesiale, nel mondo sociale, politico e dell’economia c’è un bisogno estremo di abbassarsi per udire il grido accorato di tanti uomini e donne, non contemplati dagli indici economici, ma con il volto rigato dalle lacrime per la mancanza del lavoro. Quel lavoro che, prima ancora di essere fonte di sostentamento, è condizione per dare dignità alla vita.

C’è poi un bisogno enorme di abbassare i toni per percepire la domanda di vita e di dignità dei nostri fratelli migranti. Tanto più in quest’Europa dove sembrano prevalere le facili vie d’uscita solitarie rispetto alla fatica di un cammino condiviso.

Più in generale, c’è bisogno di allenarsi sempre più ad attendere: la gioia del raccolto passa necessariamente dalla pazienza della semina. Siamo chiamati ad attendere i tempi di ciascuno: solo così l’altro potrà venire alla luce, narrare la propria vita, “dire la sua”, senza rischiare di essere silenziato e ignorato. Vigilio è per tutti noi maestro di attesa.

È “dolce rovina” Gesù di Nazareth, formidabile maestro di perdono fin sul palo infame. Osare il perdono sulla scia di Vigilio, che reagisce all’uccisione dei tre martiri, invitando la comunità ad esercitare la riconciliazione e la pace, è la grande opzione che viene chiesta soprattutto a noi credenti, consci che la vendetta è disarmata dal perdono. Di questo ha enorme bisogno la società civile, attraversata da velenose forme di contrapposizione e di conflitto.

È “dolce rovina” metterci, come Vigilio, alla sequela di colui che è la nostra pace e il nostro riposo come ci ha ricordato il testo degli Efesini. Non lasciamoci trasportare dai giorni, ma abitiamoli facendoci “graffiare” dal volto degli altri. È “dolce rovina” Gesù di Nazareth che non versa il sangue di nessuno, versa il proprio sangue. Non sacrifica nessuno, sacrifica se stesso. E’ Lui che offre la vita per il gregge.

Chiediamo, per intercessione del vescovo Vigilio, che tanti uomini e donne nella Chiesa, nella società, nella politica, nell’economia si lascino “dolcemente rovinare” dal Cristo e sappiano generosamente sporcarsi le mani in prima persona, mettendosi in gioco, anteponendo all’interesse personale il bene di tutti.

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