Mario e Paolo, luce di Pasqua

Per Padre Borzaga e il catechista Xyooj una gioiosa Eucaristia in Duomo; al centro, il crocifisso personale dell'Oblato

Domenica 30 aprile, a 22 anni esatti dalla storica visita di Giovanni Paolo II con la beatificazione del vescovo de Tchiderer. La stessa gioia ecclesiale, ma con un forte profumo orientale. E i colori sgargianti dei cinquanta commossi fratelli laotiani, ora in Francia, discendenti dell’etnia Hmong alla quale apparteneva il catechista diciannovenne Paolo ucciso nel 1960 assieme al “nostro” padre Borzaga. In mezzo a loro, nei primi banchi di una Cattedrale gremita di fedeli e tanti sacerdoti, anche un nipote del catechista Paolo e uno dei primi battezzati da padre Mario, nel gennaio del 1960, nel villaggio di Kiukatian, sulle montagne del Laos. Le loro voci, quasi una dolce nenia di riconoscenza al Signore, s’alzano in un coro che commuove il vescovo Lauro: “Ringraziamo questi fratelli – dice nell’omelia (vedi il testo integrale qui sotto), sono il segno che la Pasqua è viva e reale”. La Pasqua in cui ha creduto padre Mario, con quel crocifisso personale – posto al centro dei presbiterio, molto di più di una reliquia – che era diventato il suo “chiodo fisso”, osa dire l’Arcivescovo, “l’ossessione della sua continua ricerca”.

La riconoscenza della famiglia degli Oblati di Maria Immacolata viene espressa nel saluto di padre Alberto Gmemmi, il padre provinciale, ma anche nella presenza del vescovo Alessandro Staccioli, uno dei primi compagni di padre Mario in Laos, come padre Gigi Sion e altri pure presenti. Un grazie al postulatore della Causa padre Angelo Pelis, al vice mons. Giulio Viviani, all’arcivescovo emerito Luigi Bressan che fu tra i primi a diffondere questa testimonianza e don Vittorio Zanotelli, parroco di Sant’Antonio e pioniere dell’associazione “Amici di padre Mario”.

In prima fila, con i parenti e il sindaco di Trento Alessandro Andreatta, l’unica sorella sopravvissuta di padre Mario, Lucia Borzaga, “custode” e valorizzatrice delle sue memorie e della sua spiritualità.

In un clima di preghiera, gustato già nella veglia di sabato in Sant’Antonio e proseguito in serata all’Arcivescovile nell'affollato musical “Noi missionari siamo fatti così” della Compagnia Aquero, il ringraziamento per la testimonianza di quest’”uomo felice” e del suo giovane collaboratore si rifletteva anche negli occhi lucidi dei suoi anziani compagni di Messa, sacerdoti tornati a inginocchiarsi all’altare di San Vigilio dove 60 anni fa erano stati ordinati sacerdoti. Pronti a partire, come padre Mario, “per le strade che avevo sognato”.

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