Un anno da Arcivescovo

“Serve una Chiesa che si mostri bisognosa di perdonoˮ

“Mi sento profondamente inadeguato, mi son trovato questa nomina che assolutamente non prevedevo, dopo dieci anni da vicario sognavo di andare in parrocchia". In un articolo pubblicato nei giorni scorsi su Vatican Insider, l'arcivescovo Lauro Tisi racconta all'inviato Andrea Tornielli gioie, sorprese e difficoltà del suo primo anno di episcopato alla guida della diocesi di Trento.

“È stato un anno buono, avevo la preoccupazione di non essere all’altezza del compito, e questa continua a esserci, mi rendo conto che essere vescovo non è un onore ma una responsabilità. Però devo dire di aver trovato nel clero e nelle comunità tante belle sorprese”.

Per esempio? La Messa mattutina con gli universitari. “Io mai avrei sopportato di celebrare la Messa quotidiana da solo. Sono sempre stato abituato a celebrare in comunità. Un sacerdote che segue gli universitari mi ha proposto di invitarne alcuni per la celebrazione alla mattina. E dall’aprile dell’anno scorso questo appuntamento non si è mai interrotto. Alcuni di questi giovani hanno riscoperto la Messa, perché prima non ci andavano”.

Anche a loro l'Arcivescovo racconta spesso di questo “Dio capovolto”, un'immagine “venuta fuori quasi per caso” fin dal giorno della sua nomina, diventata poi il suo leitmotiv. “Credo che ci sia bisogno di raccontare Dio a partire dall’umanità di Gesù Cristo. Siamo abituati a raccontare Dio in modo troppo astratto e filosofico. Dobbiamo imparare a passare dall’umanità di Cristo per narrare Dio. Non è mica una scoperta mia: basta leggere il Vangelo, basta leggere santa Teresa d’Avila o san Francesco d’Assisi. E gioisco ogni giorno per l’approccio del Papa, che sa parlare così di Dio”.

Incalzato dalle domande di Tornielli, mons. Tisi ha raccontato la sua idea di Chiesa, in sintonia con Papa Francesco. Una Chiesa che oggi ha bisogno di mostrarsi per ciò che è, “perdonata e sempre bisognosa di perdono”, che “non esibisce le sue grandezze o la sua perfezione, ma la sua prossimità” per annunciare a tutti che c’è la possibilità di essere ascoltati, accolti e perdonati con misericordia.

Per toccare il cuore delle persone, occorre mettere da parte “una narrazione accademica o solo catechistica”, e frequentare la gente: “Senza aver paura delle persone, delle loro storie accidentate. Bisogna andare con la fiducia, con la certezza che comunque quel terreno è abitato da Dio. Dobbiamo superare l’idea dei recinti e dei territori sacri, anche l’idea dei terreni puliti: il terreno umano è sempre pulito e allo stesso tempo sporco. E allora ecco un altro tema importante, quello della sobrietà e di una Chiesa che si mostri con il volto della vicinanza, della prossimità e della povertà. Penso che per i prossimi anni il nostro obiettivo sia questo: continuare a rimettere in gioco le nostre strutture”.

Il progetto pastorale dell'Arcivescovo Tisi? “Non l’ho fatto, e spero di non doverlo mai fare”, ma c'è un metodo ben preciso, “quello indicato nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium: la realtà prima delle idee. Dobbiamo finire, io credo, con la pastorale dei temi, dei percorsi un po’ troppo astratti. Bisogna partire dai dati concreti e lasciarsi portare dalla realtà per raccontare un Dio bello e interessante. Dobbiamo investire in positività senza spaventarci del calo dei numeri. Dobbiamo alimentare speranza e la speranza ti viene se ti fidi della realtà”.

L'intervista completa su vaticaninsider.it.

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