I comboniani e l’Africa ringraziano padre Cornelio

Una lettera alla sorella, Gabriella, quasi un testamento spirituale, è risuonata al funerale del missionario comboniano P. Cornelio Menegatti. Nato a Segonzano il 9 febbraio 1924, il missionario è morto domenica 5 novembre nella residenza per anziani della sua Congregazione, a Castel d’Azzano. Riposa nel cimitero a Stedro di Segonzano vicino agli altri missionari del paese. “Verso i cinque anni – scriveva alla sorella – ho sentito il desiderio di diventare sacerdote e mi piaceva fare l’altarino e fare come faceva il parroco quando celebrava la Messa. E cosi pian piano la voglia di fare il prete aumentava.

Da allora con l’andare degli anni ho avuto sempre questo desiderio, tanto che un giorno il parroco mi volle parlare.E pian piano desiderava aiutarmi con la scuola. Come arrivai ai 12 anni entrai nel seminario missionario di Muralta. E con un po’ di fatica compii i cinque anni del ginnasio. Per 13 anni fu il tempo dello studio: ginnasio, filosofia, interrotti per due anni per fare il Noviziato e poi seguì la teologia.

L’11 giugno 1949 venne il grande giorno del sacerdozio.

Dopo appena un mese venne la destinazione: Uganda. Ero felice di poter lavorare con il Vescovo Cesana con cui ero rimasto per due anni come semplice seminarista. Ma poi mi dissero che dovevo andare in Etiopia come insegnante nelle classi secondarie. Qui sarei rimasto diversi anni e il mio programma venne completamente cambiato. Inizia subito il mio lavoro di maestro che durò parecchi anni. Fu il tempo di Asmara. Debbo dire che fu un tempo felice e intanto potevo imparare le diverse lingue del posto. Poi cambiai diversi posti, incaricato dei vari Catecumenati. Fu un tempo molto prezioso. Potei dire che da allora in poi facevo il prete. E intanto continuavo a contattare le varie cappelle e specialmente mi interessavo a seguire i Catecumeni. Era questo il nuovo tipo di lavoro che mi fu affidato. Ma era arrivato il tempo difficile. Il tumore iniziava farsi sentire nella gola e cercavo di non badarci. Arrivò poi una bella crocetta, per due volte dovetti subire l’operazione alla gola e la voce se ne andò per sempre. A stento riuscii a riprendere la voce.

Ma era una povera voce metallica. Andai avanti come potevo ma non volevo cedere. Però i superiori vollero che andassi in Italia e questo fu la fine della mia missione in Africa. Infine venne la casa, bella spaziosa, Castel D'Azzano: questa la mia nuova missione. Ma in sordina”.

Su questa lettera ha impostato l’omelia il celebrante, P. Renzo Pizza, di Valli del Pasubio, superiore della comunità di Castel d’Azzano. Al missionario segonzanese ha scritto il superiore generale dei missionari Comboniani, P. Tesfaye Tadesse Gebresilasie, primo africano alla guida della congregazione fondata da San Daniele Comboni: “Carissimo P. Elio, ti saluto e ti dico grazie per quello che sei stato in Eritrea e Etiopia. Sei stato il sacerdote, il professore. L’artista pittore, il musico che suonava l’organo, il paziente studioso di lingue, il montanaro. Grazie per aver fatto partecipare la tua famiglia nella tua missione. Grazie, ciao. Selam keruni”.

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