Verso Betlemme

Un percorso di fede e spiritualità, un vivo sentimento di pace, incontro ed apertura. Si può riassumere così la rappresentazione del Presepe vivente organizzato dalla parrocchia di Santa Caterina a Rovereto.

Giunto ormai alla seconda edizione, dopo la prima dello scorso anno in collaborazione con Caritas, questo viaggio verso Betlemme è stato organizzato dai frati della parrocchia con la preziosa partecipazione di diverse cooperative sociali e situazioni di accoglienza distribuiti sull'intero territorio roveretano.

Un presepe, quindi, vivo non solo per rappresentazione, ma anche e soprattutto per le sue sfumature sociali, per le storie che lo compongono, per le strade di vita che esso stesso rappresenta. "In effetti – ha voluto sottolineare padre Gianni, uno dei cappuccini che vive presso la parrocchia – Gesù nasce per tutti noi", e proprio in questo senso, allora, il presepe si è caricato di questo bellissimo spirito di solidarietà e "comune umanità".

Guidati dalla Luce di Betlemme, simbolo di pace e speranza, e giunta fino a Rovereto dalla Grotta della Natività in Terra Santa, i visitatori di questo presepe, realizzato nel pomeriggio di sabato 16 dicembre, hanno potuto rivivere con gli "occhi del corpo", come diceva San Francesco, gli avvenimenti accaduti in quella piccola cittadina, inconsapevolmente destinata ad accogliere Gesù Bambino, umile Salvatore del mondo.

Lo hanno fatto accompagnati dalla lettura del testo "In nome di mia Madre", scritto da Erri De Luca, dove Maria, con le proprie parole, ha reso gli uditori partecipi delle sue emozioni e delle sue paure di fronte ad un avvenimento che cambierà la sua vita e quella dell'umanità intera. Un percorso semplice, poco più di una passeggiata, reso coinvolgente ed appassionante dalla presenza di animali da stalla e oltre 150 figuranti di ogni età. Bambini, adulti, anziani; uomini e donne, italiani e stranieri; tutti uniti da un contagioso entusiasmo.

Sulla via, chi ha partecipato a questo suggestivo, e al contempo spirituale, spettacolo, ha potuto incontrare una croce. Non un errore, certamente non una svista, ma piuttosto il tentativo di rispondere ad un'esigenza: trovare la Parola nella quotidianità. "Gesù – ha spiegato Michele Comite, regista dell'intera rappresentazione – che fin dalla nascita chiede accoglienza, chiede asilo, non tanto o non solo nelle case, negli ostelli, ma nei nostri cuori, oggi veste i panni dei ragazzi che, fuggendo da guerre, oppressioni di varia natura e povertà, chiedono di essere accolti: anche loro chiedono asilo". In questo senso, allora, la croce ci vuole ricordare che Gesù, ancora oggi, viene condannato. Viene condannato da ognuno di noi, dai nostri pregiudizi, dai nostri pre concetti, dalle nostre titubanze che ci impediscono di incontrare l'altro, di conoscerlo, di vivere la cultura dell'accoglienza, che si declina poi nella cultura dell'amore, assunta, sino alla fine, proprio da quel Bambino che nasce per noi tutti.

Un presepe, un'occasione per pregare e pensare. In questi giorni, all'ombra dei risultati di questo duro, ma certamente importante e gioioso lavoro, sono stati organizzati degli spazi di comune confronto e riflessione, rivolti anche ai più piccoli. Oggi più che mai, infatti, il presepe non può limitarsi ad essere una rievocazione storica, ma dev'essere vivo alimento per nutrire la fede di ognuno di noi.

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