Giornata della donna, i sindacati: “Sul totale dei contratti part time attivi, l’80% è rappresentato da lavoratrici”

“Sul totale dei contratti part time attivi l’80% è rappresentato da lavoratrici”. Una percentuale che, aggiungono i sindacati Cgil Cisl e Uil del Trentino, “resta costante nel tempo”.

“Sul totale delle occupate circa il 40 ha un orario ridotto. Per gli uomini la soglia si riduce al 7%”, fanno notare Maurizio Zabbeni, Lorenzo Pomini e Walter Largher, che seguono il mercato del lavoro per Cgil Cisl e Uil.

“Ci sono sicuramente margini per aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, ma gli scogli maggiori riguardano oggi la qualità dell’occupazione femminile e le politiche di conciliazione – ricordano i sindacalisti -. È indubbio che un tasso più alto di occupazione femminile avrebbe un impatto positivo su Pil e produttività. Non è pensabile, però, aumentare la partecipazione delle donne se non si rimuovono alcuni ostacoli. A cominciare dal part time volontario e involontario”.

È il part time involontario a rappresentare il maggiore problema al giorno d’oggi, rilevano i sindacati. La percentuale di donne che ha un impiego part time perché non ne ha trovato uno a tempo pieno è del 17,7% in provincia. Il gap con gli uomini è di 14,1 punti. Questo si traduce in redditi più bassi, minori possibilità di carriera e pensioni più basse.

Questo nonostante il Trentino abbia fatto dei passi in avanti in termini di occupazione femminile. “Con una percentuale che si attesta al 62% oggi il nostro territorio ha un tasso di occupazione tra le donne al di sopra della media nazionale, che non supera il 50%. Il Trentino fa peggio della provincia di Bolzano, ma comunque è sopra la media del nordest”, riportano i sindacati.

Sul part time involontario influisce anche le difficoltà di conciliazione. “Estendere e rendere più flessibili i servizi conciliativi per i genitori di figli piccoli, ma anche per chi è impegnato nella cura di familiari anziani e non autosufficienti renderebbe le donne meno deboli sul mercato del lavoro”. Oltre al fatto che politiche per la conciliazione e a sostegno dell’occupazione femminile avrebbero un impatto positivo sul tasso di natalità.

Il part time incide anche sulle retribuzioni. Oggi quelle femminili, anche a parità di ruolo, sono più basse, perché le donne hanno spesso occupazioni a tempo determinato o parziale e la presenza femminile è più diffusa in segmenti poveri del mercato del lavoro. Il tema dei contratti precari è un altro freno alla qualità dell’occupazione femminile: i contratti a tempo determinato sono circa il 22% del totale. Il 56% di questi riguarda le donne, in costante aumento.

“Il problema è che queste differenze non rispecchiano i profili formativi delle donne – proseguono i sindacalisti -. In Trentino come nel resto d’Italia c’è un grave problema di overeducation: le donne laureate sono più degli uomini, ma le loro competenze sono meno riconosciute sul mercato del lavoro che già, nella nostra provincia, non valorizza in generale i laureati e i giovani. Diciamo che nel caso delle donne si intrecciano più fattori, dalla precarietà all’overeducation, alla scarsa conciliazione aumentando la posizione di svantaggio”.

Da qui la richiesta a costruire incentivi per l’assunzione e la stabilizzazione delle donne. “Il tema è stato ampiamente discusso durante gli Stati generali del Lavoro, ma oggi non ci sono misure concrete né sul piano del rafforzamento delle politiche conciliative, a cui sono stati preferiti i bonus una tantum, né del rafforzamento degli sgravi Icef per il lavoro femminile o degli incentivi”, concludono.

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