L’essere preti? Mai più da soli

I rischi dell'autosufficienza e della solitudine, la forza della fraternità e di un sapiente accompagnamento

Oggi sono forse meno riveriti che in passato, forse anche meno presi di mira, certamente meno considerati. Non si nascondono la loro condizione, i preti trentini ancora in attività, ne prendono atto con realismo, ma preferiscono non incupirsi nel vortice delle lamentele tanto biasimate da Papa Francesco, per lasciarsi ancora una volta stupire dalle sorprese del Vangelo e dalla loro “vita bella”, donata interamente a Gesù. Che non è un sogno giovanile, ma una gioia in grado di dare gusto alla loro quotidianità, ora più stressata nei tempi, con rare ricariche.

Proprio alle “Le condizioni di vita e di ministero dei presbiteri in diocesi di Trento” era intonata la settimana di aggiornamento in corso a Villa Moretta (70 i partecipanti, altri 50 la settimana scorsa) con un sottotitolo concreto: “Abbiamo parlato di fatiche, ma anche di sfide e di occasioni – osserva a radio Trentino inBlu il vicario per il clero, don Ferruccio Furlan – perchè dopo aver riconosciuto lo scorso anno la bellezza della vita sacerdotale, in questi giorni abbiamo sottolineato le nuove opportunità di crescita per la nostra vita personale, come preti ma anche come uomini. Non solo per il nostro ruolo, che non deve essere quello di funzionari del Vangelo, ma anche per la nostra umanità avvertita come veicolo per l'annuncio del Vangelo”.

Questo sguardo positivo ha connotato i gruppi di lavoro dove i preti di varie età (dal frizzante novello al pluriparroco dai capelli grigi) hanno confidato apertamente i loro sogni e anche i loro desideri. Le priorità? Sintomatiche! In primo luogo la capacità di ascoltare, ascoltare gli altri ma anche ascoltare la Parola di Dio in grado di incoraggiare, consolare, vivificare. Con un recupero significativo anche del valore del sacramento della riconciliazione – per se stessi, prima ancora che per gli altri – e di una guida/amicizia spirituale con la quale confrontare le proprie difficoltà e anche i propri fallimenti, giacchè – ha citato qualcuno – “Dio è nascosto anche nel tuo fallimento”.

Con un approccio non solo spirituale ma anche psicologico, si è evidenziato anche il dovere di “vegliare su se stessi, non solo sul proprio gregge” (un'intuizione del card. Carlo Maria Martini), trovando tempi e modi per un reale recupero fisico e spirituale, in grado di rimetterti in pista, di aiutarti a ripartire. A proposito il relatore della seconda giornata don Flavio Marchesini, vicario vicentino per la pastorale, ha indicato la cosiddetta “teologia del sabato”, ovvero dei tempi da dedicare al proprio riposo: quando, con chi, perchè?

Attenzione, però, anche al rischio di un'autosufficienza che può confinare con la solitudine: “non dobbiamo mai più essere lasciati soli”, diceva Marchesini, raccomandando la ricerca della fraternità sacerdotale e il bisogno di farsi accompagnare. E più d'uno indicava il valore di frequentare le famiglie o le coppie di sposi, per crescere in umanità e in concretezza.

Spunta il cruciale dilemma dell'autentico discernimento – parola-chiave anche dell'Amoris Laetitia – che va condotto sempre alla luce della Parola di Dio, del magistero ecclesiale, di un consiglio sapiente.

A chi appartiene? A chi deve rendere conto un prete? “Al Vangelo, soprattutto al Vangelo” è stata la risposta dirimente del vescovo Lauro che assieme al vicario don Marco ha voluto non a caso partecipare ad ogni giornata di queste due intense settimane: a coltivare relazioni fraterne, presbitero fra amici presbiteri, prima testimonianza di voler vivere da preti “come Dio comanda”.

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