In Siria la guerra distrugge anche la memoria

I danni al patrimonio culturale nel racconto di due archeologi di fama internazionale: Giorgio Buccellati e la moglie Marilyn Kelly

Oltre alla tragedia di vite umane annientate, la guerra e il terrorismo in Siria stanno arrecando enormi danni all'attività archeologica, sia per il venir meno di preziose informazioni storiche sia per quanto concerne il legame sociale tra le diverse etnie. Il tema è stato affrontato in una delle conversazioni proposte dalla 25a Rassegna internazionale del cinema archeologico, promossa dalla Fondazione Museo civico di Rovereto.

Nella Città della Quercia è giunta una famiglia di archeologi di fama internazionale: Giorgio Buccellati, la moglie Marilyn Kelly e il figlio Federico. Dal 1984 si occupano del sito di Urkesh costruito dagli Urriti (III e II millennio a.C.), odierna Tel Mozan, nel nord-est della Siria a 5 km dal confine con la Turchia. A Tel Mozan sono venuti alla luce il palazzo reale, il tempio “del Leone” e l'Abi, una “fossa necromantica” dove venivano interrogati gli spiriti degli antenati.

Dal 2011, con lo scoppio del conflitto, il Direttorato generale delle antichità e dei musei del Ministero siriano della cultura si era premunito mettendo al sicuro gli oggetti più preziosi dei musei. Non così purtroppo per i siti archeologici. Con l'arrivo degli estremisti dell'Isis e di al-Quaeda non c'è alcuna speranza, perché “in questi gruppi c'è solo la volontà di distruggere”, afferma il prof. Giorgio Buccellati a margine dell'incontro al microfono di radio Trentino inBlu. Alcuni siti – come quello ellenistico di Apamea o quello di Ebla, famoso per il ritrovamento di tavolette con scrittura cuneiforme – sono stati molto danneggiati dal conflitto, oltre che da numerosi scavi illegali.

Dal 2010-11 gli archeologi stranieri hanno lasciato definitivamente il paese, tra questi Luca Peyronel, che si trovava proprio ad Ebla e che ha moderato l'incontro roveretano. Gli scavi illegali producono enormi danni anche perché “distruggono completamente il contesto stratigrafico, gli oggetti spariti pur mantenendo una loro validità in quanto tali perdono completamente il loro valore documentale, rovinano la nostra possibilità di conoscere il valore della civiltà che li ha prodotti”, aggiunge Buccellati.

Il lavoro dei Buccellati a Tell Mozan è stato duplice: da un lato la protezione dallo sgretolamento degli antichi manufatti, con l'utilizzo di materiale povero del posto (tende di juta), e dall'altro il forte coinvolgimento della popolazione locale curda, che lavora con passione nel sito e segue corsi di formazione storico-archeologici. Secondo Buccellati, il sito al momento “sembra abbastanza protetto da possibili incursioni”, anche se il territorio dista solo 60 km dalle zone di attività dei terroristi.

“L'archeologia fungeva da collante tra le diverse etnie, scoprire un passato in comune li faceva sentire anzitutto siriani prima che arabi, curdi o armeni”, conclude Buccellati. “E' un valore importante che l'archeologia può offrire e che deve essere riscoperto”. Terroristi permettendo.

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