“Viva l’Onu (forte e democratica)”

Antonio Papisca: “Bisogna snidare quei governi che si dicono democratici e che non hanno il coraggio di far funzionare l’Onu”

E' passato in sordina il 70° anniversario della firma della Carta dell’Onu a San Francisco (26 giugno 2015). “Un compleanno importante di una benemerita della storia”, dice all’agenzia Misna Antonio Papisca, professore emerito di Organizzazione internazionale dei diritti umani e della pace presso l’Università di Padova. Dice di essere ““onusiano nelle intime fibre” e spiega perché, nonostante malfunzionamenti e articoli transitori “vergognosi”, ora più che mai sia necessario impegnarsi per “rafforzare e democratizzare” le Nazioni Unite.

Professor Papisca, che compleanno è questo?

“Un compleanno molto importante. Dalla firma della Carta dell’Onu a San Francisco sono trascorsi 70 anni, ma questo documento mantiene piena validità; in tutte le sue parti, anche nella seconda, relativa all’organizzazione e al sistema di sicurezza. Oggi non c’è alternativa alle Nazioni Unite per garantire il rispetto della legalità e dei diritti umani. L’Onu è una benemerita della storia”.

Nessuna critica?

“Bisogna far funzionare il sistema di sicurezza, certo. Qui c’è la debolezza dell’Onu. Ma la responsabilità è degli Stati, in particolare dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza. Bisognerebbe attuare alcuni articoli della Carta una volta per tutte, a partire dal 43. Gli Stati devono il prima possibile stipulare accordi con il Consiglio di sicurezza per conferire all’Onu parte delle proprie Forze armate. Che diverrebbero così Forze armate delle Nazioni Unite: non pronte a fare la guerra per ‘animus bellandi’, ma utilizzabili per fini di giustizia”.

Perché è così importante?

“L’applicazione dell’articolo 43 consentirebbe di superare l’articolo 106, ‘transitorio’, ma in vigore da 70 anni: una vera e propria vergogna che pone le cinque potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale, in qualità di firmatarie degli accordi di Mosca del 1943, al di sopra dello stesso statuto delle Nazioni Unite. Nella sostanza si tratta di superare un sistema che affida la legalità internazionale alle consultazioni interne a una cupola”.

Quali vantaggi dall’avere Forze armate dell’Onu?

“Con una polizia militare delle Nazioni Unite non servirebbero più i ‘caschi blu’, un suo surrogato. E solo allora, con il conferimento di parte degli eserciti all’Onu, potrebbe cominciare un vero disarmo”.

Non le sembra un anacronismo? Nel mondo le guerre si moltiplicano e sempre più spesso le Nazioni Unite sono bypassate, strumentalizzate e umiliate…

“Bisogna stare dalla parte del diritto internazionale anche se è stato violato. Quando le norme di legalità sono forti restano ferite dalle violazioni, ma non soccombono. E’ necessario ripartire piuttosto dagli appelli della società civile a ‘rafforzare e democratizzare’ l’Onu. Democratizzare vuol dire rompere l’autoreferenzialità che caratterizza i vertici dell’Onu. Uno strumento utile può essere la creazione di un parlamento delle Nazioni Unite, non eletto a suffragio diretto ma formato da delegazioni delle assemblee nazionali elette degli Stati membri. Ancora, è opportuno dare valore formale ai pareri espressi dalle organizzazioni non governative riunite in gruppi, che a oggi hanno soltanto status consultivo”.

Rilanciare l’Onu, nonostante Bush, l’Iraq, la Libia…

“La fase delle ‘easy war’ cominciò nel 1991, con Bush padre, con conflitti violenti che trascinarono le Nazioni Unite nella melma. Ora invece bisognerebbe snidare quei governi che si dicono democratici e che non hanno il coraggio di far funzionare l’Onu. Anche perché, e qui provoco, le guerre si fanno e poi non si vincono. La verità è che non c’è alternativa al multilateralismo democratico”.

Che contributo possono dare l’Africa, i paesi poveri e le potenze emergenti?

“Un contributo prezioso può arrivare dai giovani africani, sempre disponibili a collaborare in contesti multilaterali su un piano di parità. Anche le ong dell’area sub-sahariana sono in prima linea. E poi ci sono le associazioni internazionali di giuristi animate spesso da africani illuminati, che hanno a cuore i diritti umani. Immagino una grande alleanza tra i giovani del Nord e del Sud, dell’Est e dell’Ovest, che spingano i governi e gli Stati a mostrare rispetto della legalità e coraggio”.

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