Nel Donbass si continua a sparare

Il punto sulla guerra in Ucraina con Danilo Elia, ospite del progetto Social Catena e di Obc Transeuropa

Una decina d’anni fa passava attraverso il Donbass a bordo della sua Fiat 500, diretto ad est, verso Pechino. E su quel lungo viaggio partito da Bari ci pubblicò pure un libro. Ora, Danilo Elia, giornalista freelance che scrive, tra l’altro, per il Venerdì di Repubblica e l’Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa (il think tank con sede a Rovereto che si occupa di sud-est Europa, Turchia e Caucaso), nelle regioni orientali dell’Ucraina ormai repubbliche autonome da Kiev ci va per lavoro – esperto com’è delle vicende, spesso tumultuose, che hanno investito le regioni ex sovietiche con il disintegrarsi dell’Urss – e con grande attenzione. Perché il conflitto, seppur a bassa intensità, come si dice in questi casi, su quel fronte ormai cristallizzato apertosi nel 2014 c’è ancora e continuano a spararsi addosso separatisti filorussi delle province di Donetsk e Lugansk e soldati dell’esercito ucraino.

La scorsa settimana Elia era a Rovereto, al Serendipity bistrot, invitato dai ragazzi del progetto Social Catena e da Obc Transeuropa. Insieme all’editore Roberto Keller, che pubblica tanta e preziosa letteratura dell’est, ha fatto il punto della situazione sulla guerra in Ucraina che in poco più di due anni ha causato oltre 9mila morti e 1milione e mezzo di rifugiati interni, come quasi in nessun altro Paese squassato da un conflitto dentro i propri confini. Era il gennaio di due anni fa quando scoppiarono i tumulti di piazza Maidan contro la mancata ratifica, da parte del presidente Viktor Yanukovyč (poi costretto alla fuga), dell’accordo di associazione con l’Unione europea, osteggiato dalla Russia putiniana. Da lì l’escalation nelle regioni orientali da parte dei separatisti filorussi, sostenuti, almeno in un primo momento, da Mosca e l’annessione, de facto, della Crimea, alla Russia che l’ha militarmente occupata. “Sulla linea di frizione l’artiglieria pesante e leggera – riflette Elia – continua a sparare. C’è un rumore di fondo, diciamo così, tanto che non si percepisce di essere in guerra, ma i morti ci sono, soprattutto civili, e non è neanche molto chiaro chi spari per primo. D’altronde, quando di una guerra non se ne parla più, e la grande stampa internazionale mainstream ormai lo fa di rado, è come non esistesse”. Come per la letteratura sul conflitto. Lo ha ricordato Roberto Keller che pubblicò proprio in quegli anni i “Diari ucraini” di Andrei Kurkov, autore che scrive in russo e che nel suo lungo reportage descrisse quei momenti di un Paese in subbuglio. “In seguito a tutto quello che stava accadendo – ricorda l’editore – vi fu una produzione sterminata di libri sulla guerra che, adesso, è scomparsa”. “Dopo il trattato di pace firmato a Minsk lo scorso anno che ha coinvolto, oltre all’Ucraina del presidente Petro Poroshenko, gli Stati Uniti, la Germania e la Francia – prosegue Elia – la diplomazia è impantanata, la road map per un cessate il fuoco definitivo bloccata, Russia e Germania litigano. Anche perché quell’accordo contiene alcuni punti che rappresentano un ostacolo verso la risoluzione del conflitto visto che prevedono una sorta di legittimazione delle repubbliche separatiste attraverso una forte autonomia sancita da una legge speciale approvata dal parlamento di Kiev”. Sul futuro del conflitto ucraino, Danilo Elia ipotizza che “da bassa intensità si evolva in congelato”. “Il dubbio, semmai – aggiunge – riguarda il quando. Il modello a cui si guarda con sempre più insistenza è quello della Transnistria filorussa, di fatto separata dalla Moldavia di cui fa parte”. Sono amare le conclusioni del giornalista. “Certo è che, in molti, a livello internazionale, Russia e Stati Uniti per primi, hanno giocato sulla pelle degli ucraini. Un Paese che ha gravissimi problemi economici e dove lo stato sociale è inesistente. L’interesse economico principale, ormai, è il traffico d’armi”.

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