C’è speranza sotto le macerie

L'orrore della guerra non ha spento il sorriso di padre Ibrahim, che con semplicità francescana trasmette ai microfoni di Trentino inBlu parole cariche di speranza: “Ogni giorno ad Aleppo scorgo segni della Provvidenza, la gente cerca di tornare alla normalità, di ricostruire non solo le case, ma anche di ricucire le ferite del cuore”.

Nel concreto quali segni di speranza coglie?

La speranza nel sorriso dei bambini, oltre 800 hanno frequentato quest'anno l'oratorio estivo, nello sguardo dei loro genitori felici di vederli giocare e cantare, nel garantire ogni mese cibo gratuito per oltre 3000mila famiglie; e ancora, nelle giovani coppie, circa un migliaio, che hanno deciso di sposarsi e di formare una famiglia durante la guerra. E, credetemi, non è scontato tra le macerie e mentre cadono missili!

Durante il conflitto il 60 per cento delle chiese sono state distrutte, molti cristiani, che sono una minoranza, sono fuggiti da Aleppo…

La comunità cristiana, che prima della guerra contava 300mila persone su una popolazione di 2 milioni di abitanti si è ridotta ad un terzo. Un'emorragia negativa perché come cristiani ritengo che, ancora oggi, abbiamo un ruolo importante come mediatori di pace in Medio Oriente.

C’è anche chi ritorna…

Sì, dall’inizio di quest’anno ad oggi circa 28 famiglie sono ritornate, e questo flusso continuo di ritorno è un altro segno che dà molto speranza anche per chi è rimasto. Ritornano, ci dicono, perché sono incoraggiati dalla presenza e dal sostegno economico della Chiesa per ricominciare.

Come giudica i corridoi umanitari grazie ai quali, dal 2016 il Trentino ospita un gruppo di siriani?

Un'iniziativa di carità concreta in risposta al dramma dei rifugiati. Tuttavia, rinnovo l'invito ai profughi, tra i quali c’è chi ha subìto ingiustizie e ha perso tutto all’estero, di fare ritorno, perché la Chiesa li aiuterà e abbiamo bisogno di tante mani per ricostruire il Paese ed iniziare il cammino di pace.

Il dibattito estivo in Europa si è concentrato sull'attacco delle Ong che salvano i migranti in mare. Come rompere il muro della diffidenza?

Con la carità del buon samaritano, che vuol dire mettersi nei panni dell'altro, condividere le storie di sofferenza con lo sguardo della carità, una carità prudente però, nella verità.

Cioè?

Una carità con i criteri del discernimento, perché anche tanti dell'Isis passano sotto la porta dell'accoglienza caritatevole. Inoltre, bisogna accompagnare la gente che arriva incoraggiandola al rispetto della cultura e ad essere parte attiva della società e del paese ospitante.

A proposito di Isis, anche in Europa seppur con le debite proporzioni stiamo vivendo un clima di paura. Come rispondere all'esigenza di sicurezza senza alimentare la xenofobia verso il mondo islamico?

Combattendo contro l'ignoranza e il fondamentalismo alla radice, evitando di causare guerre ad altri Paesi che possono rafforzarlo. E poi, garantire diritti umani e condizioni di pari dignità in tutti i Paesi del mondo.

A chi è in mano la soluzione della guerra in Siria?

E' nelle mani dei potenti di questa Terra, che con i fatti ora devono mostrare la volontà vera per un accordo di pace duraturo.

Noi come possiamo contribuire?

Con la preghiera costante e con gesti di generosità per aiutarci a ricostruire ciò che la guerra ha distrutto e seminare la vita. In attesa di una nuova alba.

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