La Supercoppa italiana nell’Arabia Saudita in guerra

Mentre questo numero va in stampa, è in corso al King Abdullah Sports City Stadium di Gedda, in Arabia Saudita, il confronto valido per la Supercoppa italiana 2018 tra le squadre di calcio della Juventus, vincitrice del campionato di Serie A 2017/18 e detentrice della Coppa Italia 2017/18, e del Milan, che pur avendo perso la finale della Coppa Nazionale proprio contro i bianconeri, era comunque qualificato come finalista.

Sulla scelta dell'Arabia Saudita come Paese ospitante, non sono mancate le polemiche. A seguito dell'omicidio del giornalista saudita dissidente Jamal Khashoggi all'interno dell'ambasciata saudita in Turchia nell'ottobre del 2018, attivisti e associazioni umanitarie – tra cui Amnesty International – avevano chiesto alle due squadre finaliste e alla Lega Serie A di non giocare in quel Paese, che potrebbe essere strumentalizzato dalla monarchia saudita per riabilitare la propria immagine dopo quanto accaduto. Si contesta anche il fatto che nel Paese siano compressi i diritti delle donne. La Conferenza degli Organismi di parità delle Regioni e delle Provincie autonome italiane, alla quale aderisce anche la Commissione provinciale Pari Opportunità tra donna e uomo della Provincia autonoma di Trento, attraverso una lettera firmata dalla la sua coordinatrice Roberta Mori, ha espresso al Presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio, Gabriele Gravina, la sua totale contrarietà rispetto alla scelta della Federazione. In una nota Simonetta Fedrizzi, presidente della Commissione Pari Opportunità della Provincia di Trento, si unisce allo sdegno della Conferenza per la sottoscrizione, da parte della Fgci, di un accordo “con uno Stato illiberale e un regime autoritario che non rispetta i diritti umani e in particolare la libertà delle donne”.

Non si può neppure ignorare che dal 25 marzo 2015 una coalizione internazionale guidata proprio dall’Arabia Saudita e sostenuta da Stati Uniti e Regno Unito ha lanciato attacchi aerei contro il gruppo armato huthi in Yemen, in un conflitto il cui peso soprattutto i civili – e i bambini tra loro – pagano a prezzo anche della vita, intrappolati nei combattimenti a terra tra gli huthi e le forze filogovernative e sotto il fuoco dei bombardamenti delle forze della coalizione guidata dall’Arabia Saudita. Ad alimentare la guerra, costata finora più di 15.000 morti e feriti civili, mentre 22,2 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria, sono anche armi che partono dall'Italia, come denunciato in più occasioni dalla Rete italiana per il disarmo e altre organizzazioni della società civile italiana. Mentre Medici senza frontiere ricorda che mine e altri ordigni esplosivi improvvisati “metteranno in pericolo la vita delle persone per decenni”.

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