L’Alto Adige di ieri, il maestro docet

Escono ogni anno almeno una manciata di libri utili a capire l'Alto Adige. Alcuni sono romanzi – anche fortunati – come l'apprezzato “L'eredità” di Lilli Gruber, successo editoriale non solo per la trama avvincente ma anche per l'originalità del contesto ambientale.

E' stato presentato l'11 novembre a Bolzano un altro romanzo ambientato pure nei primi decenni del secolo in Alto Adige che pure prende le mosse da appunti di vita familiare. Lo ha scritto il nostro collaboratore Paolo Valente, che oltre ad essere giornalista è anche storico apprezzato, mettendosi nei panni di un maestro elementare spedito dai gerarchi fascisti a metà degli anni Trenta nell'Italia romana con il compito di svolgere una missione di civiltà: “Il duce vi manda a operare perché la vittoria sia piena”.

L'impatto non sarà vincente, anzi duro come il pane di segale, eppure il protagonista arriva a sperimentare sulla propria pelle la possibilità di un dialogo che vada oltre gli steccati della storia e che sgretoli le incrostazioni dei gruppi etnici. Il “Diario del maestro di Cordès” diventa quindi il racconto di un'evoluzione psicologica e storica insieme dentro il microcosmo del piccolo paesino di montagna (il nome è fittizio, i contorni reali) che compendia i molteplici chiaroscuri dell'ambiente altoatesino. In quest'edizione, curata dall'editrice Alphabeta attenta al messaggio culturale veicolato dall'anziano maestro, Valente ha sviluppato le intuizioni di una prima opera dedicata nel 1997 al maestro di Cordes. Sono passati anni, ma l'Alto Adige continua a fare i conti col suo passato unico e complesso. La lettura di queste pagine può aiutare anche noi trentini a comprendere o almeno a conoscere non pochi elementi di questa complessità.

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