L’ossessione nordica

In mostra anche i trentini Garbari, Moggioli e Bonazza

A dominare lo spazio culturale negli anni compresi fra la fine dell’ottocento e l’inizio del Novecento è quel particolare tipo d’arte che con disprezzo, ma spesso non a torto, viene definita “pompier”. I temi, i modi i soggetti rappresentati sono scelti per lo più allo scopo di soddisfare il prevalente gusto borghese, fedele alla tradizione classica e alle sue degenerazioni, insensibile e ostile al nuovo, alle sperimentazioni che finiranno però con il prevalere. Con l’avvento del nuovo secolo si assiste ad una svolta decisa verso linguaggi nuovi più rispondenti alla sensibilità moderna.

Merito di questa evoluzione la Biennale veneziana nata proprio allo scopo di fare conoscere, diffondere divulgare i nuovi modi di dipingere allargando l’orizzonte oltre i confini italiani. Più che i francesi da sempre capaci di imporre i loro gusti e le loro mode, a influenzare decisamente il corso dell’arte sono gli artisti nordici, per secoli convinti che per essere grandi bisognava avere talento ma anche l’umiltà di riconoscere nei grandi maestri del Quattro e Cinquecento italiani i punti di riferimento irrinunciabili per dipingere.

La mostra ora in corso a Palazzo Roverella di Rovigo (fino al 22 giugno 2014) dal titolo “Ossessione Nordica, Böcklin, Klimt, Munch e la pittura italiana” racconta questa influenza reciproca con una rosa di autori di una sontuosa scelta, proposta per sezioni tematiche.

La mostra prende il via dalle prime Biennali e dall'influenza che esse ebbero sull'arte italiana, passando dall’arte storica e pompier al trionfo del simbolismo, alla Seccessione di Monaco, Vienna e Darmstad.

E’ Böcklin il caposcuola che, partendo dalla corrente svizzera, accentua questo nuovo stile divenendone il maggiore antagonista. Pure il ricordo del burrascoso periodo delle guerre in seguito alle guerre di religione e conseguenti sospetti di intolleranza reciproca predisponeva la pittura a identificarsi nelle raffigurazioni non solari e luminose come era ad esempio l’impressionismo, in un modo di dipingere simbolista capace di rendere visibile l’invisibile: l’interiorità dell’animo con le sue angosce più riposte. Trionfa il paesaggio del nord con i suoi fiordi, le distese innevate, la particolare luminosità, gli immensi spazi per lo più disabitati o rifugio di pochi audaci spesso oscillanti tra malinconia e tentazioni suicide, dove rare risuonavano risa e allegri canti. Böcklin, Hodler, Klimt, Klinger, von Stuck vi raffigurano paesaggi fatti di neve, ruote di slitte scavate nella strada gelata, il silenzio così profondo che pare anch’esso farsi visibile.

Quadri per lo più di piccolo formato trasmettono le torbide e misteriose atmosfere di quei luoghi lontani, ignari della solarità mediterranea dell’azzurro brillanti dei suoi mari. La tecnica di questi dipinti è impeccabile, i colori segnano ed enfatizzano il disegno sottostante, la pennellata è precisa, le linee ben definite, con qualche accenno impressionistico nel paesaggio che con la sua grandiosità sembra schiacciare le piccole figure di uomini relegati ai margini.

Nella sezione finale a dominare è l’incisione. Khnopff, Klinger e Munch sono maestri in quest’arte.

Insieme a questi prestigiosi protagonisti figurano alcuni artisti trentini: Garbari, Moggioli, Bonazza (ospite spesso di mostre ferraresi) . La loro duplice appartenenza sia al mondo artistico italiano che a quello tedesco fa sì che nei loro dipinti la sensibilità nordica si fondi con la solarità latina in un connubio quanto mai efficace e fascinoso.

Il trentino Umberto Moggioli è presente con due grandi tele spalancate nella gradualità fatata degli azzurri sulla laguna di Torcello, l’altra sui campi vinicoli dell’isola di Burano. Anche Tullio Garbari di Pergine Valsugana si presenta con due tele ispirate ai sintetisti francesi e a una esigenza di primitivismo: due paesaggi simbolici a volute a cerchio in una ondulata musicalità campestre. Luigi Bonazza di Arco si inserisce con un acquarello neo divisionista dalla pennellata picchiettata, stemperata dalla melodia dei pittori veneziani.

A percorso ultimato occhi, mente cuore sono pieni di visioni capaci per un attimo di non fare distinguere fra sogno e realtà, tanta è la forza dei simboli.

(ha collaborato Farida Monduzzi)

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