L’Autonomia rafforza la convivenza

Il convegno su De Gasperi a Calavino. Alle nuove generazioni l’autonomia affida una forte responsabilità etica

Alcide De Gasperi: un uomo d’altri tempi, si direbbe oggi. Ma la dignità, il rispetto, la coerenza, la coerenza sono valori d’altri tempi? E la nostra autonomia regionale soltanto un indebito privilegio? Lo studio della genesi degli accordi De Gasperi-Gruber consentirebbe di inquadrare meglio la storia repubblicana e le radici autonomistiche come pure gli effetti che quella sottoscrizione produsse sulla sensibilità dei padri costituenti. Per questi motivi, nei sessant’anni della scomparsa dell’insigne statista tesino, Calavino ha scelto, come da consuetudine settembrina, di onorare la memoria di De Gasperi con una due giorni che quest’anno ha riunito al tavolo d’onore la figlia prediletta Maria Romana, il direttore della Fondazione “Alcide De Gasperi” Giuseppe Zorzi, il sociologo Antonio Scaglia e il senatore Franco Panizza.

Ospiti d’onore del convegno di domenica 21 settembre, dal titolo “Alcide De Gasperi. Le ragioni dell’Autonomia” organizzato dall’inossidabile Adriano Bortoli e dallo staff del Circolo pensionati sono stati l’arcivescovo di Trento, Luigi Bressan, e il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto emerito della Congregazione per i vescovi.

Non è una passeggiata disquisire di autonomia, per di più in tempi burrascosi come questo. Autonomia che Zorzi equipara a “migliore amministrazione possibile fatta per il popolo e per mezzo del popolo stesso” o, per scomodare il presidente del Consiglio provinciale di Trento, Bruno Dorigatti, in un suo ultimo intervento, “strumento e non fine di crescita e per tale ragione mobile, flessibile, radicata e lungimirante ”.

Se la storia ci insegna che l’esperienza autonomista della Regione Trentino-Alto Adige è positiva non tanto per il riconoscimento dello Statuto speciale quanto per il sistema di convivenza raggiunto, la recentissima inversione di pensiero cui s’è fatto portavoce il governatore bolzanino Arno Kompatscher circa le azioni del padre dell’autonomia, inocula un germe di speranza per l’avvenire. “Io, che sono pure autonomista e che ho patrocinato la tendenza autonomista, permettete che vi dica che le autonomie si salveranno, matureranno, resisteranno, solo ad una condizione: che dimostrino di essere migliori della burocrazia statale, migliori del sistema accentrato statale, migliori soprattutto per quanto riguarda le spese”. Era il pensiero di De Gasperi che, come evidenziato dal moderatore Franco de Battaglia, “ha affrontato momenti molto più difficili degli attuali sia sotto il profilo politico che sotto quello morale, in epoca fascista”.

Alle nuove generazioni l’autonomia affida una forte responsabilità etica – si pensi soltanto alle questioni della sobrietà e della solidarietà. Ma la nostra non è un’autonomia di un Trentino, come soleva ripetere Bruno Kessler, “piccolo e solo”. E’ un concetto che non è possibile disgiungere dalla convivenza con la minoranza di lingua tedesca. “Purtroppo noi trentini siamo portati a pensare sempre e soltanto ad un’autonomia trentina e non regionale – è la considerazione del professor Scaglia -, ma se non ci leghiamo politicamente a questo progetto di convivenza, noi, la nostra autonomia non la meritiamo. Fallirà quell’autonomia che vuole essere piccola e sola”.

Pensiero che ha trovato consonanza in Maria Romana De Gasperi, intenta a rimarcare quanto poco sappiano nel Mezzogiorno di questo storico accordo datato 5 settembre 1946: “Dobbiamo dare ai nostri figli una forte volontà di un’unità di popoli, altrimenti finiremo in una spaventosa terza guerra mondiale”.

E’ anche il senso della piccola comunità di Calavino nel divulgare il messaggio degasperiano, quest’anno sostenuto dall’augurio alla “conservazione di quei valori che sono parte della tradizione trentina” formulato dal cardinale Re.

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