Il fondo Viesi al Diocesano

Sono stati inventariati i beni dell'azienda familiare di Cles donati all'Archivio: la presentazione al Vigilianum con mons. Bressan

Venticinque metri lineari di documenti corrispondenti a 111 buste e 402 registri. Ma anche macchine per cucire, ferri da stiro, campionari di merletti, alamari e suppellettili. E poi paramenti liturgici storici, risalenti al Settecento, acquisiti, ma anche di produzione propria, tra pianete finemente ricamate, lambrecchini, fermagli per piviali e cotte in lino.

Un corpus ricchissimo che testimonia 147 anni di attività imprenditoriale della famiglia Viesi, di Cles, in val di Non, produttori di tessuti e paramenti liturgici, ma non solo, dalla fine dell’Ottocento al 1994 quando la società è stata chiusa. Una documentazione che, nel 2012, gli eredi hanno donato all’Arcidiocesi di Trento e che in poco più di due anni e mezzo di lavoro è stata riordinata e inventariata (grazie anche al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto e alla collaborazione dell’Ufficio beni archivistici provinciale), pronta perché studiosi e ricercatori ne possano trarre uno spaccato di storia industriale del Trentino tra Otto e Novecento, come osserva la dott.ssa Roberta Arcaini.

Il fondo Viesi è stato presentato mercoledì 16 marzo a Trento, nel nuovo Polo culturale Vigilianum, in un momento che ha segnato la partecipazione dell’Archivio diocesano tridentino nella nuova sede in occasione della settimana “Ispirati dagli archivi”, promossa dall’Associazione nazionale archivistica. L’amministratore apostolico mons. Luigi Bressan ha sottolineato “la novità dell’apertura dell’Archivio diocesano a fondi non strettamente ecclesiastici. E’ un segno di apertura del nuovo Polo al mondo nella convinzione che non c’è vita senza conoscenza della storia”. 

“Mi auguro – ha aggiunto Katia Pizzini, vicedirettrice dell’Archivio diocesano tridentino – che ora ci possa essere un interesse da parte degli studiosi che prenda spunto da questa storia famigliare e imprenditoriale”. Se i paramenti liturgici sono finiti sotto la lente d’ingrandimento del conservatore del Museo diocesano Domizio Cattoi, i documenti hanno ricevuto le cure di Marica Odorizzi e Renata Tomasoni della cooperativa Arcadia che hanno ricostruito, seguendo il “filo” delle carte, la storia di famiglia. Dal capostipite Domenico, originario di Mori ma fin da quando aveva 16 anni garzone di generi alimentari in val di Non, a Lorenzo, che ha chiuso l’attività nella prima metà degli anni Novanta. Tra filande, forni, essiccatoi, filatoi ma anche commercio all’ingrosso di sete e tessuti e vendita per conto terzi fino allo stoccaggio della frutta, passando per due guerre mondiali. 

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